Profughi, Atalmi: "Tre risposte a quella che è di fatto un'emergenza europea".
Con la bella stagione ripartono i barconi di disperati in fuga dal Nord Africa e s'acuisce l'ininterrotta emergenza accoglienza ai profughi.
Una situazione evidentemente ormai fuori controllo per il nostro Paese e che coinvolge direttamente anche la provincia di Treviso.
Al netto della necessità di affrontare le cause dell'esodo, in particolare gli incendi bellici divampati dalla Siria alla Libia, e per i quali l'occidente ha gravi responsabilità, dobbiamo decidere, come nazione e come territorio, il modo di affrontare questa ennesima emergenza umanitaria e servono sostanzialmente tre cose.
La prima è che l'Italia deve far sentire forte la sua voce in Europa, cambiando le attuali regole: un profugo che sbarca a Lampedusa, una volta identificato e accompagnato in un centro di accoglienza per verificarne le condizioni per ottenere il diritto all'asilo, così come può essere accompagnato in Veneto può essere allo stesso modo accompagnato anche in Baviera, oltre confine. L'Europa tutta, infatti, deve farsi carico di condividere con l'Italia la prima accoglienza
In secondo luogo, dobbiamo non confondere le situazioni di chi arriva nel nostro Paese: i richiedenti asilo sono una cosa i migranti economici un'altra, ed è folle trattare tutti nello stesso modo. È una politica sbagliata che non fa altro che alimentare il traffico di esseri umani e incentivare vane speranze in quelle popolazioni. Per chi non fugge da una guerra ma cerca un lavoro per migliorare la propria vita e quella della sua famiglia servono canali di migrazione regolare che incontrino i fabbisogni occupazionali e sociali su scala europea.
Infine, per l'accoglienza dei profughi propriamente detti non possiamo più mettere in piedi grandi comunità, che troppo spesso non riescono neppure a garantire la dignità della persona e, nel territorio che li ospita, ingenerano tensioni con la popolazione residente. Dobbiamo anche qui da noi sperimentare altre e diverse forme di accoglienza, mettendo in rete associazioni e famiglie che si offrano volontariamente di ospitare singoli profughi, ottenendo così anche un contributo alle spese famigliari con parte dei famosi 35 euro dell'Europa.