INTERVENTO DEL SEGRETARIO GENERALE DELLA CGIL DI TREVISO
Una possibile proposta in tema di pensioni:
che il secondo pilastro della previdenza sia strumento flessibile
La mobilitazione dei Sindacati confederali di sabato 2 aprile sembra non esser bastata al Governo per comprendere che bisogna aprire un confronto vero sul tema previdenza per fare avanzare, in accordo con le parti sociali, una proposta di modifica della riforma Fornero. Né la piattaforma di Cgil, Cisl e Uil con l’uscita a 41 anni a qualsiasi età tanto meno le indicazioni del presidente dell’Inps Tito Boeri e di Cesare Damiano in Commissione Lavoro della Camera sulle modifiche hanno convinto il Governo, che continua invece a dire di voler studiare altre ipotesi per trovare un equilibrio tra sostenibilità economica ed esigenza di cambiamento.
E intanto i lavoratori aspettano, perdendo sempre più la speranza e la fiducia di vedersi riconosciuti diritti e dignità. L’accesso alla pensione deve cambiare perché le attuali soglie non sono e non saranno socialmente sostenibili e devono cambiare le regole che determinano la previdenza per i giovani, che hanno il diritto di immaginarsi un futuro non da poveri, ma da persone che potranno costruirsi con il lavoro una dignitosa condizione pensionistica. Chi va a lavorare a 15 anni non può pensare di farlo all’infinito. Serve un sistema solidale e sostenibile. Il governo deve dare una risposta. Non bastano gli incentivi alle assunzioni per assicurare la ripresa dell’occupazione e sostenere così i consumi interni, e con essi il sistema economico. Mettere mano alla Fornero significa guardare anche al mercato del lavoro. Infatti, una maggiore flessibilità in uscita porta con sé lo sblocco degli ingressi. Parliamo di giovani che cercano e ancora faticano o proprio non trovano impiego e se lo trovano, per la maggior parte delle volte, non è stabile.
Inoltre, ragionando per quello che conosciamo della nostra provincia, che tanto ha sofferto e ancora subisce la crisi, vorremmo si iniziasse a ragionare a una ulteriore proposta, ovvero dare la possibilità a coloro che aderiscono ai fondi di previdenza complementare, il cosiddetto secondo pilastro della previdenza, ad accedere alla pensione integrativa anticipatamente rispetto alla data del pensionamento. Oggi, infatti, anche questa formula è ancorata ai vincoli di legge su contribuzione ed età anagrafica. Renderla indipendente da questi presupposti la renderebbe uno strumento meno rigido, attraverso cui aiutare la flessibilità in uscita di cui si discute.
Un dato per intenderci: in Veneto sono quasi 200mila i lavoratori che oggi aderiscono alla previdenza complementare e di questi, guardando i principali fondi di settore come Cometa, Fonchim e Fonte, in media ben il 25% è ultracinquantenne. Di questi over 50, per la nostra provincia le stime parlano di 8-9mila occupati e visto il contesto sociale della Marca, in molti probabilmente sono prossimi ai 41 anni di contribuzione. Lavoratori che potrebbero gestire diversamente gli ultimi anni della propria vita lavorativa, ad esempio provando a percorrere strade di diminuzione dell’orario di lavoro o di altro accompagnamento verso la pensione Inps. Tale soluzione, che potrebbe essere definita contrattualmente a livello nazionale, aiuterebbe la flessibilità in uscita con ulteriore slancio al mercato del lavoro offrendo una prospettiva diversa ai tanti giovani e quarantenni che convinti della bontà della previdenza integrativa ne capirebbero anche la sua funzione di garanzia nella loro carriera lavorativa.
di Giacomo Vendrame
Vendrame Giacomo
Segretario Generale CGIL TREVISO