C'E' UNO SCIOPERO GENERALE CHE NON CASUALMENTE cade in occasione della giornata dell'Economia.
E' uno sciopero che vuole mettere l'accento sul fatto che a tre anni dall'inizio della grande crisi il governo e in molti casi anche i sistemi
economico-istituzionali territoriali, rispetto alle competenze di ciascuno, non hanno ancora sciolto il nodo della due C con cui l'Italia, e per la sua
specificità questa provincia, si trovano a dover fare i conti: Crisi e Crescita.
Oggi in Camera di Commercio a Treviso i big delle istituzioni e dell'economia ne ragioneranno confortati da un micro dato, quello sulla ripresa dell'export, che rischia di essere sopravvalutato. E' certamente un indicatore che segna al bello ma non basta a dire che la strada per uscire dal tunnel è stata imboccata, quando invece tutti gli altri fondamentali segnano purtroppo dati negativi.
Cala l'occupazione e aumenta la precarietà, segno di un tessuto economico ancora incerto che si illude della competitività ritrovata con il mero contenimento dei costi del lavoro, senza occuparsi di aumento del valore aggiunto; diminuisce il numero di imprese, grandi e piccole, strutturate e in grado di quindi di creare occupazione; aumenta la platea di senza lavoro privi di un vero sistema di ammortizzazione sociale ed esposti in maniera drammatica al rischio povertà, mentre il sistema pubblico vede drasticamente tagliate le risorse per rispondere prontamente alle esigenze di sviluppo e sociali.
Siamo una Italia ferma, dove il 10% della popolazione detiene circa il 50% della ricchezza: solo questo è un dato che ci dice come la struttura della nostra economia oggi porti più a pensare all'espansione del latifondo che ad una feconda, attiva e vivace economia liberale.
Lo sciopero è indubbiamente diretto al governo, che sulla C di crisi si è mosso in maniera incerta e che non sa pronunciare la C di crescita; ma è diretto anche al mondo dell'impresa e all'intero sistema economico, a quella possibile ma ancora poco realizzata avanguardia di progresso che oggi sopporta e tira a campare, mugugna ma senza troppo disturbare.
Questo sciopero non è una testimonianza di dissidenza politica rispetto all'esecutivo, ma chiede e rivendica: chiede e rivendica una politica di crescita che guardi alla valorizzazione del lavoro e dei lavoratori, alla qualità della vita delle famiglie che sta andando a picco, alla necessità di sostenere le imprese e farle migliorare, non solo percorrere il burrone della contrazione del salario e dei diritti come se i modelli di competitività a cui ispirarsi siano quelli dei paesi emergenti e spesso per nulla democratici.
C'è, è vero, un dato di ripartenza dell'export per quanto riguarda la Marca. Mi piacerebbe sentire parlare anche di come affrontare però il dato, negativo che vede questa provincia aver arretrato ai livelli di prosperità risalenti a dieci anni fa, una provincia involuta che non offre nulla ai giovani, che stenta a darsi un nuovo modello economico, i cui centri cittadini vengono ridotti al silenzio dalle delibere antischiamazzi mentre nessuno si occupa, con provvedimenti veri ed efficaci, della silenziosa agonia delle attività economiche che dei centri sono parte fondamentale, viva e vitale.
In Piazza, con le lavoratrici e i lavoratori, noi parleremo di questo: con l'ansia del futuro e la voglia di fare di più e meglio, con spirito positivo ma senza illuderci che micro dati, forse congiunturali più che strutturali, rappresentino la luce alla fine del tunnel.Paolino Barbiero, Segretario Generale Cgil provinciale Treviso