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COMUNICATO STAMPA

Comunicati Segreteria - 09/02/2012

Ricerca dell'Ufficio Studi: occupazione in picchiata, inizio anno da shock.
Lavoro, a gennaio i licenziati sono già più di mille
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Non si ferma l'emorragia di posti nella Marca. Dato preoccupante anche dalle nuove Cigs: in cassa a gennaio altri 208 lavoratori.
Barbiero: "La crisi accelera, sempre più difficile trovare nuova occupazione. Urgente adottare diffusamente i contratti di solidarietà".

Sono 1.163 i trevigiani che hanno perduto l'occupazione nel corso del solo mese di gennaio 2012. A dirlo è una ricerca dell'Ufficio Studi della Camera del Lavoro di Treviso, che ha preso in esame i licenziamenti e le procedure di mobilità avviate nei primi 31 giorni dell'anno in corso sia nelle imprese di dimensioni medio-grandi che nel vasto tessuto delle piccole aziende della provincia.
A flettere di più, secondo i dati elaborati dalla Cgil trevigiana, è l'occupazione nelle piccole imprese; si tratta di processi di espulsione dal posto di lavoro diffusi in maniera quasi omogenea in praticamente tutti i settori e che riguardano lavoratori che, una volta perduta l'occupazione, possono contare su strumenti di ammortizzazione limitata al trattamento di disoccupazione ordinaria.

Dal contenitore delle pmi trevigiane sono uscite a gennaio 748 persone. Per il 23,13% si tratta di addetti stranieri, per lo più figure operaie (il 70,05% dei licenziati) e in leggera prevalenza uomini (il 53,88%). Per quanto riguarda l'analisi dei settori, il picco massimo, equivalente al 19,52% dei licenziamenti totali, si segnala nella meccanica, seguita dall'edilizia con il 16,44%, a conferma dello stato di grave difficoltà del comparto; e dal commercio, che non arresta la fase di riduzione del personale avviata già 18 mesi fa e che fa segnare il 15,51% dei licenziamenti nelle piccole imprese.
Infine, con percentuali a due cifre anche il dato dei licenziamenti nel legno, che risultano essere il 10,43% del totale. La scomposizione per territori mette in luce come a pagare il dazio maggiore a questo autentico tsunami abbattutosi sul mercato del lavoro sia la zona di Treviso, con 292 espulsioni, seguita da Castelfranco con 124 e Conegliano-Pieve di Soligo con 117. La suddivisione per classi età mette in luce come i licenziamenti riguardino praticamente la gran parte della forza della lavoro posizionata tra i 30 e i 50 anni, con punte del 16,84% tra i lavoratori maschi compresi tra i 41 e 50 anni.

Per quanto riguarda le imprese di dimensioni maggiori, il numero di addetti messi in mobilità in Provincia di Treviso è pari a 415. L'86,99% sono italiani, per il 76,87% figure operaie.
Nelle aziende medio grandi è maggiore la percentuale di donne che hanno perso il lavoro, cioè il 52,29% del totale.
Più della metà del totale delle mobilità registrate nel solo mese di gennaio nelle imprese medio-grandi (il 50,12%) hanno riguardato addetti del settore tessile-abbigliamento e calzaturiero, che nella Marca continua la sua flessione sempre più marcata. Il 19,76% viene registrato dal legno-arredo, il 7,95% dalla meccanica. Per quanto riguarda la suddivisione geografiche delle mobilità, Treviso registra 211 addetti sul totale provinciale di 415, seguita dalla zona di Pieve di Soligo-Conegliano con 70. La scomposizione per età mette in luce come i più colpiti siano i lavoratori tra i 41 e i 60 anni e le donne tra i 31 e i 40.

CASSA INTEGRAZIONE - La rilevazione dell'Ufficio Studi della Cgil provinciale ha preso in esame anche le nuove Cigs (cassa integrazione straordinaria) avviate a gennaio. Le procedure sono 12 e riguardano complessivamente 208 lavoratori, a cui vanno aggiunti gli 80 addetti della Maber, entrati in cassa nei primi giorni di Febbraio. Ad eccezione di due casi, la Punto Sei di Paese avviata alla chiusura e la Co.Sa. Costruzioni di Istrana, avviata invece al fallimento, si tratta di procedure causate da gravi difficoltà economico-finanziarie. In tre situazioni i lavoratori in cigs equivalgono all'intera forza lavoro dell'azienda.

L'ANALISI - "La crisi - ha detto oggi Paolino Barbiero, segretario generale della Cgil provinciale di Treviso - fa un salto di qualità. E' evidente che siamo ben oltre le ristrutturazioni o riorganizzazioni, ormai il tessuto produttivo è allo stremo. Il numero di licenziamenti registrato solo nel primo mese indica una accelerazione dei fenomeni di contrazione dell'occupazione e rappresenta l'ultimo campanello di allarme. Il numero di persone che ha perduto il lavoro tra gennaio 2011 e gennaio 2012 sfiora le novemila unità, a cui vanno aggiunti i contratti a termine conclusi e soprattutto la perdita del lavoro da parte di precari e atipici, sul cui numero è quasi impossibile fare delle stime precise. Si tratta di un bacino di senza lavoro che molto difficilmente potrà ritrovare una occupazione in tempi brevi considerato il crollo verticale della offerta e la saturazione della domanda".

"Anche per questo - ha sottolineato il segretario della Cgil provinciale di Treviso - è necessaria una svolta nella gestione della crisi e passare dai licenziamenti e le mobilità ai contratti di solidarietà.
Si tratta di una soluzione virtuosa, che vede da un lato le aziende sostenute da contributi pubblici e dall'altra il lavoratore protetto rispetto al rischio di perdita del reddito, arrivando a garanzie che coprono fino al 90% del salario. Il contratto di solidarietà, oltre a rappresentare una efficace ammortizzazione delle fasi di crisi superabili anche con la riduzione dei costi di produzione, può essere una occasione per le imprese di razionalizzare e riorganizzare in maniera più efficiente il ciclo produttivo".

"Anche l'andamento del mercato del lavoro in provincia di Treviso - ha concluso Barbiero - manda alla politica un messaggio netto e chiaro: non sarà la maggiore libertà di licenziare a far ripartire il sistema produttivo, tanto più che nelle imprese in cui agisce l'articolo 18 si licenzia già molto. Servono invece misure strutturali di rilancio del quadro economico, che oggi è penalizzato anche da una fortissima perdita del reddito disponibile, che ha mandato in recessione il mercato interno oramai da più di due anni. E serve una riforma incisiva degli ammortizzatori sociali che non sia merce di scambio rispetto ad una maggiore libertà di licenziare ma che guardi alla prima e vera emergenza, che è sociale e riguarda la pericolosa discesa verso la povertà di tante famiglie".

Ufficio Stampa - HoboCommunication