Rapporto dell'Ufficio Studi della Cgil provinciale sul primo quadrimestre del 2010.
Occupazione ancora giù, la crisi travolge i giovani nelle PMI.
Persi, in quattro mesi, 3.174 posti di lavoro, contro i 6.822 di tutto il 2009.
Nelle piccole imprese boom di licenziamenti degli under 40.
Barbiero: "Ci attendiamo un peggioramento e c'è la stagnazione delle politiche anticicliche. Sulla situazione pesa l'incognita della cigs da rinnovare, senza ripresa si passerà dalla cassa alle procedure di licenziamento".
Non si ferma l'emorragia di posti di lavoro nella Marca.
E a fare le spese dei licenziamenti sono sempre di più i lavoratori giovani.
CROLLO NELLE PICCOLE - A pagare maggiormente il prezzo del ciclo negativo sono le piccole imprese, che fanno registrare 2.153 licenziamenti. E i licenziati, che nel caso delle pmi sono senza indennità e copertura previdenziale e non sempre sono nelle condizioni di accedere del sostegno dato dalla disoccupazione ordinaria e/o dai requisiti ridotti, sono prevalentemente giovani. Il 57% si colloca infatti nella fascia fino ai 40 anni, con punte del 36% sul totale tra i 31 e 40 anni. Il 31% ha tra i 41 e i 50 anni, solo il 12% tra i 51 e i 60.
Secondo il rapporto dell'Ufficio Studi, si tratta di un indicatore "dell'alto livello di precarizzazione dei livelli occupazionali nella parte più diffusa del sistema economico, segnale, a sua volta, dell' instabilità del sistema, con prospettive di vera ripresa ancora lontane, cicli produttivi a breve altalenanti e scarse prospettive future di consolidamento finanziario e di ripartenza dei fatturati".
Sempre nelle piccole imprese, il 43% dei licenziati sono donne, dato in crescita rispetto all'anno passato, mentre si conferma la predominanza delle figure operaie, che sono il 75% tra quelli che hanno perduto il lavoro, contro il 25% di impiegati. Il 30%, infine sono stranieri.
Le maggiori difficoltà, nella classifica per settori rispetto ai licenziamenti, in quasi 500 realtà d'impresa, si segnalano in edilizia (21% del totale dei licenziati), nel metalmeccanico (20%), nel commercio (18%), nel sistema tessile-moda-calzature (11%)e nel legno arredo (9%).
POLITICHE ANTICLICHE IN STAGNAZIONE - "Mentre la crisi permane, e sul fronte occupazionale diventa sempre più acuta, si assiste ad una letterale stagnazione non solo dell'economia ma soprattutto delle politiche anticicliche che dovrebbero essere adottate".
Questo il commento di Paolino Barbiero, segretario generale della Camera del Lavoro di Treviso, sulle indicazioni che emergono dalla ricerca.
"Gli elementi negativi permangono tutti - ha spiegato Barbiero - dalla crisi dei mercati, e quindi la flessione dei fatturati, all'emergenza finanziaria, con un sistema d'impresa, soprattutto di quella piccola e media, in apnea di liquidità, con un enorme peso del debito e scarsa capacità di attingere a nuovo credito a causa di fondamentali d'azienda oggettivamente negativi. La diminuzione dell'occupazione, la discesa del tasso di attività anche considerando i contratti aticipici e maggiormente precari e l'aumento dei livelli di disoccupazione sono solo gli effetti di una crisi che vede il sistema economico e sociale lasciato sostanzialmente solo a causa di una mancanza di strategie di lungo periodo in grado di attivare vere politiche anti crisi.
L'attendismo o peggio l'immobilismo, soprattutto del governo centrale, viene sostanzialmente giustificato dal peso del debito, che zavorra la capacità di effettuare manovre sulla riduzione della pressione fiscale e l'aumento della qualità del welfare, ma il vero nodo è legato al fatto che il calo del gettito fiscale, che contribuisce al disavanzo e al rischio di innalzamento del debito pubblico, è causato prevalentemente dalla forte contrazione dell'occupazione, dato che circa l'80% del gettito Irpef deriva dal lavoro dipendente. Si tratta di un circolo vizioso che non potrà essere spezzato senza una ripresa dell'occupazione".
Ufficio Stampa