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COMUNICATO STAMPA

Comunicati Segreteria - 08/03/2012

I dati 2012. Nel primo bimestre persi 1.760 espulsi e 355 lavoratori in Cigs.
Mercato del lavoro 2012, Barbiero: "Un altro anno nero".
Il segretario generale: "Tutte le categorie economiche s'impegnino nel mettere fine all'emorragia occupazione che non cessa e nel creare un nuovo sistema produttivo ispirato all'idea di sviluppo sostenibile, in grado di competere con le sfide di oggi e del prossimo futuro. Serve applicare subito la formula dei contratti di solidarietà per mettere a riparo reddito e consumi, e accelerare l'iter delle procedure concorsuali e fallimentari"

Il 2012 si è aperto con un numero di licenziamenti e mobilità, che conferma le più drammatiche stime sul fronte del mercato del lavoro.
Se quello appena trascorso è andato agli archivi come il terzo anno di una crisi che non cessa, con 7.243 espulsi dal posto di lavoro, mettendo insieme le procedure che riguardano la mobilità nelle imprese medie e grandi e quelle nelle piccole (quest'ultime caratterizzate dall'assenza di veri ammortizzatori sociali per chi perde il posto) il primo bimestre del 2012 non è più roseo. Il dato trasmesso dall'Ufficio Studi della Cgil di Treviso, che ha preso in esame le dinamiche del mercato del lavoro, analizza i dati relativi alle espulsioni di gennaio e febbraio suddividendoli per procedura (grandi e medie imprese, piccole e artigiane), per sesso, per tipologia di impiego, per nazionalità (italiani o stranieri) e per categoria di appartenenza. Inoltre, viene presentato il riepilogo delle casse integrazione straordinarie attivate nel corso dei primi due mesi del 2012.

LICENZIAMENTI – Si rafforza il fronte complessivo delle fuoriuscite di altri 1.760 soggetti, di questi 403 sono stranieri (il 23% del totale dei lavoratori interessati alla mobilità). Lo studio evidenzia il preoccupante trend che riguarda le imprese più grandi, in cui le procedure di mobilità hanno portato, nel bimestre in esame, altri 586 licenziamenti. La crisi, secondo l'analisi dell'Ufficio Studi della Cgil, profonda e strutturale, investe in provincia di Treviso, com'è ormai ben noto, in particolare le piccole imprese. Da questa realtà, la più diffusa nel territorio, escono 1.174 lavoratori, il doppio rispetto ai licenziati di quelle di grandi dimensioni. Ormai costante anche la percentuale di personale amministrativo che perde il posto: i licenziati restano, per la gran parte, soggetti occupati con mansioni operaie, ma gli impiegati espulsi, nei primi due mesi dell'anno, si contano nel 31,4% per le pmi e del 25,4% per le grandi, confermando la crescita negativa del 2011.

I SETTORI – Per quanto riguarda le categorie coperte da ammortizzatori sociali, è già record negativo dei licenziamenti nel 2012 per il comparto tessile-abigliamento-calzaturiero, che secondo lo studio è quello a soffrire di più, concentrando il 37,54% dei licenziamenti totali e confermando così il lungo trend avviato nel 2011. Subito dopo viene il settore metalmeccanico, con il 20,1% (del totale Legge 223/91) per un numero di lavoratori pari a 118, ai quali si aggiungono i 234 della 236/93. Quello delle costruzioni (cemento, laterizi) è l'altro settore arenato nella crisi con ben 215 lavoratori fuoriusciti dalle pmi, dietro solo ai metalmeccanici per questa dimensione d'impresa. Inoltre, il dato significativo per quanto riguarda le categorie escluse dai veri ammortizzatori sociali è l'erosione occupazionale alla quale è oggi più che mai soggetto il terziario della Marca, che continua anche nel 2012 a perdere posti di lavoro con 190 fuoriuscite solo in questi primi due mesi. Seguito, nella drammatica classifica, con il 18,4% di posti di lavoro persi nel bimestre, un altro fondamentale comparto del territorio, quello del legno.

DATO ANAGRAFICO - Per quanto riguarda quella parte di licenziamenti coperti dagli ammortizzatori sociali solo il 3,4% dei licenziati sta al di sotto dei 30 anni, una percentuale bassa che spiccherebbe in positivo se non fosse da interpretare alla luce della totale assenza di nuove assunzioni di giovani o dall'uso inopportuno di contratti atipici offerti a costoro, e che escludono i nuovi lavoratori dalle tutele previste dai contratti collettivi. Resta sempre più alto, sia per quanto riguarda i lavoratori in mobilità con indennità che quelli senza indennità, il numero di uomini: rispettivamente 50,3% e 56,9%. Ma sono quasi il doppio degli uomini le donne lavoratrici interessate da procedure di mobilità Legge 223/91 per la fascia d'età che va dai 31 ai 40 anni. Sostanzialmente s'attesta per entrambi i sessi intorno al 18% per la fascia dai 41 ai 50 anni e in maniera preoccupante anche la fascia fino ai 60 anni.

CASSA INTEGRAZIONE – Raffrontando il numero delle imprese e dei lavoratori coinvolti nella cassa integrazione, dipendenti delle medie e grandi imprese del trevigiano, nei primi due mesi del 2012, si può verificare una sostanziale stabilità del numero dei soggetti coinvolti (208 a gennaio e 147 a febbraio). Ad oggi le procedure di cassa integrazione straordinaria hanno coinvolto 17 imprese, le quali impiegavano 534 lavoratori e che hanno richiesto un periodo di cassa integrazione per oltre la metà della loro forza lavoro, 355 dipendenti, concluso il quale la stragrande maggioranza è a rischio mobilità, andando così ad ingrossare le fila dei disoccupati della Marca.

L'ANALISI - La fisionomia del mercato del lavoro in questo primo bimestre del 2012, soprattutto l'evoluzione della cassa integrazione straordinaria e le dinamiche relative alla mobilità, lasciano presagire anche per l'anno in corso ma un vero e proprio intensificarsi delle fuoriuscite (da inizio gennaio infatti sono già 1.174 i licenziati dalle piccole e 586 dalle grandi, di cui 403 immigrati, per un totale di già 1.760 soggetti), in un panorama segnato da due situazioni molto definite: la diminuzione della tenuta delle imprese del terziario, che solo dallo scorso anno hanno iniziato ad essere coinvolte dalla crisi dei flussi occupazionali, e dalla tendenza, in particolare per quanto riguarda i giovani, al di sotto dei trent'anni, ad una crescente difficoltà di trovare  lavoro stabile e legittimamente contrattualizzato. Inoltre, in aggiunta alle cause, congiunturali e strutturali, di richiesta di cassa integrazione (per ristrutturazione, riorganizzazione, crisi di mercato e difficoltà finanziarie) crescono sempre più le occasione di cassa integrazione che preannunciano imminenti fallimenti.
"La crisi - ha detto il segretario della Camera del Lavoro di Treviso – inizia a colpire anche quei settori che ne erano sostanzialmente immuni, come il terziario, e si fa più devastante su quelli ormai definibili "tradizionali", come il comparto edile e quello tessile-abbigliamento-calzaturiero.
Segno questo di una drammatica flessione sia sui consumi sia nell'investimento delle famiglie trevigiane sull'abitazione, ovvero sul futuro. La Marca è bloccata, l'occupazione cala senza freno e coinvolge a tutti i livelli le attività economiche, il reddito medio disponibile e la struttura stessa del mercato del lavoro, sempre più ripiegato sul precariato e sulla contrattazione atipica, troppo spesso forma di sfruttamento sia per chi entra nel mercato del lavoro sia per coloro che drammaticamente ne escono. È indispensabile – ha continuato Barbiero - applicare nell'immediato la formula dei contratti di solidarietà per salvaguardare reddito medio e, di conseguenza, l'impatto della crisi sui consumi. Parimenti bisogna impegnarsi per abbreviare il complesso iter delle procedure concorsuali e fallimentari per le imprese. Anche questi tempi lunghi dettati dalla burocrazia contribuiscono, infatti, a ostacolare la ripresa, bruciando opportunità sul fronte del rinnovo produttivo e della ripresa occupazionale.

Inoltre, recano danni economici anche ai lavoratori, privi delle spettanze per mesi.
Dopo il Patto per lo sviluppo siglato lo scorso anno con Unindustria Treviso – ha concluso Barbiero - diventa ormai fondamentale che si estendano le tutele ai lavoratori colpiti dalla crisi e che tutte le categorie economiche sostengano una nuova idea di sviluppo in grado di creare occupazione stabile e consolidare un sistema produttivo sostenibile, fatto di imprese rinnovate in grado di reggere la competizione, fare il bene del territorio e affrontare i nuovi scenari economici dettati dalla globalizzazione".