Gentile direttore,
l'idea di acquistare nuova emissione di debito pubblico, sbandierata come atto di "patriottismo" finanziario e vestita di lodevoli intenzioni
e per questo apprezzata se non proprio sostenuta, appare essere l'ultima delle perversioni economiche generate dalla crisi in atto.
Basta infatti pensare a quello che è, nei fatti, e agli ingranaggi economici in cui si innesta per comprendere
come si tratti di un autogol beffardo, al meglio; o, al peggio, di una speculazione travestita,
realizzata ai danni dell'intera collettività.
Gli interessi schizzati così in alto sono la conseguenza, in termini di remunerazione per l'investimento, di un rischio elevato, cioè quello dell'insolvenza del debitore. Esiste, per i mercati, la concreta possibilità che l'Italia non ce la faccia e quindi non sia in grado di onorare il debito contratto. Quindi se il Paese vuole piazzare i propri titoli di stato sul mercato deve pagare un alto tasso di interesse per rendere appetibile un bene che il mercato stesso tendenzialmente non vorrebbe acquistare.
L'idea di comperare noi, cittadini o anche associazioni di categoria (ad esempio il sistema Confcommercio del Veneto) i titoli di stato dovrebbe funzionare, se il numero di acquisti fosse rilevante (e solo in questo caso) da calmieratore degli interessi.
Una domanda equivalente all'offerta ha infatti l'effetto di ridurre il prezzo del bene, in questo caso gli interessi.
Altro ancora sarebbe acquistare, su un piano teorico, il debito già detenuto da altri.
Ma comprarne di nuovo e incassare questi alti rendimenti non mi pare essere un'opera così meritoria. Senza contare quante dovrebbero essere le richieste sul mercato prima di vedere, in effetti, scendere i tassi.
Possibile, gentile direttore, che questa boutade mediatica, per quanto comprenda la buonafede di chi ha lanciato l'idea, non venga presa per quello che è e viva invece di una luce positiva che francamente non ha?
Sono pronto a rimangiarmi tutto se e quando i sottoscrittori del nuovo debito dichiareranno pubblicamente di rinunciare agli interessi.
Al contrario in queste condizioni chi sia il creditore a cui dobbiamo soldi, si tratti di una banca francese, della Bce o di una associazione di categoria, poco importa, sempre di un debito costoso si tratta.
Paolino Barbiero, segretario generale Cgil provinciale Treviso