Attacco della Cgil della Marca contro la presa di posizione della Lega sul tema immigrazione.
Immigrati, Barbiero: "Chi nasce in Italia deve avere la cittadinanza". Barbiero: "La cittadinanza ai figli degli immigrati nati in Italia va nel segno della civiltà e della legalità. A Treviso già raccolte oltre 500 firme"
A soli pochi giorni dall'avvio della campagna nazionale "L'Italia sono anch'io", promossa dalla Cgil nella Marca, anche il presidente della Repubblica porta all'attenzione dell'opinione pubblica e del dibattito politico il tema dei diritti di cittadinanza. "Integrazione e legalità sono due facce della stessa medaglia.
Ha pienamente ragione Napolitano: ci vuole una legge civile e lungimirante che dia equità di diritti e doveri tra la gente che risiede e lavora nello stesso territorio, una legge che riduca gli spazi grigi di clandestinità e illegalità". Questo il commento del segretario generale della Cgil di Treviso, Paolino Barbiero, alla proposta del presidente della Repubblica e alla posizione subito presa dalla Lega Nord e dal vice sindaco Giancarlo Gentilini in merito alla cittadinanza dei figli degli immigrati, nati in Italia.
"Al netto della speculazione ai danni del Presidente Napolitano e del "tradizionale" populismo leghista, il ragionamento del vice sindaco Gentilini non sta proprio in piedi. Non possiamo, infatti, fermarci al caso specifico ma avviare un processo di integrazione e di allargamento dei diritti di voto e di cittadinanza che migliorino la coesione sociale e determinano una stato di inclusione, e non di esclusione dalla legalità. Gentilini non sa dove mettere le migliaia di giovanotti senza genitori, espulsi in quanto autori di reato. Ma mica tutti i minori nati in Italia sono figli di immigrati delinquenti. E poi non vale la stessa questione anche per i figli degli italiani? Tale generalizzazione, allora, oltre ad essere una mera strumentalizzazione politica e offensiva di un Paese civile quale l'Italia, è anche priva di ogni fondamento.
Le persone di cui parliamo ha aggiunto Barbiero - sono cittadini nati all'estero che da anni però vivono, lavorano e pagano le tasse in Italia. Cittadini che partecipano alla vita delle comunità ma che non possono votare e partecipare alle scelte amministrative; che risiedono stabilmente in un Paese di cui rispettano le leggi, condividono i valori dello "stare insieme" civile e la lingua, in cui pagano con i loro contributi partecipano alla tenuta dello stato sociale ma che restano privi, qualora lo desiderassero, dall'assumersi la responsabilità della cittadinanza, cioè dei diritti e dei doveri. E i cui figli, che sono italiani come qualsiasi altro bambino nato da noi, sono considerati minori di serie B proprio perché non viene loro illogicamente riconosciuto lo status di italiani".
"La campagna ha spiegato il segretario generale - che in poco tempo a Treviso ha raccolto già oltre 500 firme, consiste in due leggi d'iniziativa popolare: una di riforma dell'attuale normativa sulla cittadinanza, portando da 10 a 5 gli anni di residenza legale necessari per richiedere la stessa (oltre alla iscrizione in anagrafe come cittadini italiani di tutti i nuovi nati da genitori stranieri dei quali almeno uno sia residente legalmente in Italia da almeno un anno, la cittadinanza italiana per i minori entrati in Italia entro il 10° anno di età o nati da genitori stranieri privi di titolo di soggiorno che entro due anni dal compimento del 18° anno di età richiedano la cittadinanza, prevedendo anche la frequenza scolastica); l'altra sul diritto di voto alle elezioni amministrative, portando ugualmente a 5 gli anni di residenza legale per poter esercitare il diritto".
"Giancarlo Gentilini ha detto di essere per un'immigrazione ordinata, non contro gli immigrati in quanto tali, ma contro chi viola l'ordinamento giuridico, sostenendo la "priorità" da dare alla legge e al consequenziale rispetto dell'ordine pubblico, e giustificando questi capisaldi "ideologici" come presupposto di civiltà. Bene, - ha tuonato il leder della Cgil trevigiana - cosa c'è di più civile nell'utilizzare la legge, una buona legge, come strumento di integrazione concreta? E quindi: riempire, come diceva Di Vittorio, la carriola dei diritti con i doveri, ovvero giocare apertamente la carta dei diritti e delle responsabilità individuali e sociali che la cittadinanza comporta, è certamente la maniera migliore per favorire quell'integrazione che, oltre la dimensione della passeggera tolleranza per il lavoratore ospite, plasma secondo regole giuste una società necessariamente multi etnica e destinata ad essere multiculturale, dato che il fenomeno migratorio è stato (e potrebbe continuare ad essere) così vasto da portare, ad esempio, la provincia di Treviso ad avere oltre il 11,5% della popolazione composta da individui di origine straniera ma oramai radicati nel territorio".
"Di conseguenza ha concluso Barbiero - la coerenza vorrebbe che chi tiene posizioni "legalitarie" (e non usa l'argomento della legge e dell'ordine solo per vestire dignitosamente idee che sono xenofobia e razzismo) dovrebbe guardare a queste due proposte di legge di iniziativa popolare con favore proprio perché stanno dalla parte della certezza del diritto e della solidarietà sociale non ispirata a criteri di buonismo", ma a buon senso. Per fare uscire la questione degli stranieri trapiantati e integrati in Italia dalla zona grigia del populismo becero, del gioco al massacro per convenienza elettorale, della legge ingiusta e non uguale per tutti. Per aderire convintamente al principio di civiltà per cui a tassazione deve corrispondere anche rappresentanza. Perché la cittadinanza sostanziale sia il principio di riferimento, al di là del luogo di nascita, della lingua madre, della religione professata, del colore della pelle".
Ufficio stampa