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ULTIMO GIORNO DI SCUOLA MA NON LULTIMO GIORNO DELLA SCUOLA

Comunicati Segreteria - 13/06/2015

Gli studenti sono il futuro del nostro Paese, la classe dirigente, i lavoratori, i genitori, di domani.
Incontro quotidianamente giovani studenti, più preparati e socialmente attenti di me quando avevo la loro età.
Su di loro dobbiamo nutrire grandi speranze, su di noi la responsabilità di consegnare loro strumenti e preparazione per essere cittadini consapevoli, donne e uomini protagonisti d'Europa, forza creatrice di civiltà e progresso sociale.

Questa la ragione per la quale l'istruzione, la conoscenza, la formazione sono elementi strategici sui quali fare leva al fine di competere, nel senso più ampio del termine, nel mondo globalizzato. Una competizione che non ha valore in sé ma che dal mio punto di vista, dal punto di vista di chi fa Sindacato e si rapporta tutti giorni al mondo del lavoro, rappresenta quella garanzia di sviluppo, di mobilità sociale e piena occupazione che oggi è venuta meno e che abbiamo il dovere di ricostruire.

Ricostruire partendo da una buona scuola, un luogo dove la conoscenza non è prodotta come in una catena di montaggio ma dove le complessità dell'istruzione si configurano come sfide quotidiane e si snodano dentro cicli e lunghi percorsi. Dunque, quando si affronta la questione scuola non si può banalizzare, non si può ridurre tutto ai minimi termini o a binomi scuola-azienda, insegnati-dipendenti, o peggio insegnanti-fannulloni, dirigenti-manager. Invece, sembra proprio che nel dibattito aperto in merito alla riforma della scuola promossa dal Governo Renzi, l'ennesima in Italia, scompaia una voce fondamentale: gli studenti. La discussione sviluppata nel mettere tutto in discussione non fa nulla di più che puntare il dito contro coloro che lavorano con e per i nostri ragazzi, e che anche in condizioni spesso difficili - perché si insegna ancora con la lavagna visto che mancano i basilari strumenti informatici che dovrebbero essere presenti in tutte le aule, perché il costo dei libri ormai è insostenibile per una famiglia, perché nessuno dice che ormai siamo arrivati al punto che la carta igienica te la porti da casa - cercano di offrire e garantire la qualità dell'istruzione e della formazione.

Ma siamo in un Paese che su questi fattori non investe, infatti, anche la tanto sbandierata riforma non va in questo verso. Così, come la partecipatissima mobilitazione dei lavoratori dello scorso 5 maggio ha cercato di evidenziare, il gioco è solo al ribasso e il metodo, controproducente nel raggiungere un fine, qualsiasi sia, resta sempre quello del dividere e non del dialogo. Ancora una volta si evita il confronto con i lavoratori, in questo caso gli insegnanti, incrinando e affievolendo non solo il rapporto tra lo Stato che è datore di lavoro e i dipendenti pubblici, ma altresì la fiducia che le famiglie ripongono sui docenti stessi. Fiducia che si sta perdendo e dalla quale, invece, si dovrebbe ripartire. Questo non significa giustificare tutto e tutti ma valorizzare il buono che ancora c'è e che io vedo nell'intreccio famiglia-ragazzi-insegnanti, nella filiera educazione a casa, istruzione a scuola, formazione nei luoghi di lavoro. Aspetti questi che meritavano la giusta attenzione da parte di chi si è proposto di riformare.

Questioni non affrontate che rilevano quanto poco si voglia investire sulla nostra società e sul mondo del lavoro, e di un progetto di paese che deve avere al centro la scuola.
I nostri ragazzi non si meritano di essere meno istruiti dei loro colleghi europei, di essere cittadini e genitori incompleti e impreparati, noi non ci meritiamo che qualcuno disegni così il futuro dei nostro figli.