Immagine di copertina

LETTERA AL DIRETTORE

Comunicati Segreteria - 23/09/2010

Gentile direttore,
le osservazioni che Enrico Pucci ha svolto ieri sul punto riguardante l' articolo dello Statuto regionale che fa riferimento al godimento di diritti e che di fatto discrimina su base dell'essere veneto (di nascita, ad esempio) mettono in evidenza le contraddizioni di un federalismo all'italiana che, invece di voler essere un passo in avanti verso un migliore governo di questo Paese, esalta il proprio vizio di origine: cioè l'essere figlio non di una visione derivata dalla scienza della politica o della finanza, cioè costituire un mero strumento di organizzazione, quanto piuttosto il risultato di spinte ideologiche centrifughe ispirate non al bisogno di buon governo ma al prurito di essere "padroni a casa nostra", indipendentemente che questo significhi fare bene o meno.

Se il federalismo è quello del "paroni a casa nostra" diventa naturale permettersi il lusso di parlare di diritti e di accesso a questi i diritti discriminando, come nel nostro caso, i veneti da quelli considerati non veneti. Tutte le osservazioni di Enrico Pucci, sotto il profilo "tecnico" e politico, sono perfette. Mi permetto di aggiungerne una: manca, in quei progetti statutari di cui si parla il riferimento alla "Persona".
Che è veneta o può anche non esserlo ma che se è inserita nel contesto sociale di una Regione, e se è straniero deve esserlo legalmente, non importa da dove arrivi e non può essere discriminata per quanto riguarda il godimento e l'accesso a diritti, dalla scuola al welfare, dalla casa alla sanità nella misura in cui rappresenta anche un fattore di sviluppo attraverso il suo lavoro.

E poi non solo, come dice Pucci, non si è veneti soltanto di nascita ma in un certo senso lo si diventa; è anche vero che, rispetto ai valori costituzionali che tutelano il cittadino italiano, viene da chiedersi che modello di Stato e di società sia quello in cui una istituzione, in questo caso la Regione Veneto, dichiara di volersi occupare della promozione, accessibilità ed esigibilità dei diritti solo nella misura in cui questi riguardano i cosiddetti veneti, qualsiasi sia il criterio con cui questo status viene attribuito.

Creando quindi, nell'ambito dell'ordinamento della Repubblica, una situazione cha va verso l'esatto opposto di quanto avviene relativamente alla libertà di movimento delle persone all'interno dell'Unione Europea, dal momento che si rende difficile ad esempio ad un cittadino umbro che trova lavoro in Veneto, cogliere questa opportunità a meno di non accettare una sostanziale discriminazione di fatto rispetto al godimento di certi diritti, che durerà per il periodo che una stramba politica considera necessario per cominciare ad essere veneti e che lo rende, rispetto ai suoi bisogni, un cittadino di serie B.

Un residente da un anno in Veneto, se cittadino italiano, è un elettore della Regione, della Provincia e del Comune in cui risiede: perché dovrebbe "sporcarsi" le mani partecipando alla costruzione della rappresentanza politica e istituzionale di una comunità che a lui chiede voto e tasse ma che nel contempo, per principio statutario, lo discrimina e lo esclude dal godimento di diritti e prestazioni che vedrebbe invece riconosciute in uno qualsiasi degli Stati dell'Unione Europea?

Siamo alla totale accettazione e degenerazione, ed il rischio è che siano una accettazione e una degenerazione diffuse e trasversali, di quello strampalato principio "Prima i veneti" che è il caposaldo di un federalismo voluto non perché ritenuto una forma di governo più efficiente rispetto alla versione dello Stato unitario e centralista, ma che nasce da una ideologia isolazionista e separatista, intimamente secessionista e persino razzista, distruttiva della comunità nazionale e che con lo sviluppo e la promozione delle autonomie locali non c'entra nulla.

Il dramma è che nell'escalation venetista e la rincorsa a chi è più veramente federalista dell'altro si sia persa per strada, come nel caso delle proposte di Statuto regionale, la bussola il cui ago punta alla "Persona", quel cittadino italiano o straniero legalmente residente, discriminato rispetto ai suoi diritti, anche a quelli fondamentali, sulla base del fragile ed etereo criterio del luogo di nascita o alla sua appartenenza "etnica" e non a quello sostanziale di appartenenza effettiva ad una comunità.

Paolino Barbiero, Segretario generale Cgil provinciale Treviso