Ricerca dell'Ufficio studi della Cgil, la spesa schizza in alto sotto i duemila abitanti.
Comuni, i piccoli costano ai cittadini più dei grandi.
Si paga in maniera inversamente proporzionale alla consistenza demografica. Ma razionalizzando le dimensioni delle amministrazioni comunali sono possibili, a livello provinciale, risparmi tra i 3 e gli 8 milioni di euro.
Barbiero: "Efficienza non significa tagliare, ma erogare servizi di qualità con risorse invariate o diminuite. E questo possibile intervenendo attraverso relazioni intercomunali, o accorpando municipi"
La spesa di funzionamento dei Comuni incide, in termini di costo sul singolo cittadino, in maniera inversamente proporzionale ai livelli demografici.
E' il dato a cui arriva una ricerca dell'Ufficio Studi della Cgil provinciale di Treviso, su elaborazione dei dati dell'Ires Veneto che ha preso in esame la spesa procapite per il funzionamento amministrativo dei 95 Comuni della Marca, ovvero il fabbisogno di risorse per il funzionamento degli organi istituzionali, della segreteria generale, degli uffici tecnici, della gestione economica, finanziaria e di programmazione e gli altri servizi generali.
Secondo lo studio, coordinato da Giacomo Vendrame della Cgil di Treviso, la razionalizzazione delle soglie dimensionali porterebbe, in provincia di Treviso, ad un risparmio per anno variabile tra i 3 e gli 8 milioni di euro.
CURVA CRESCENTE AL DECRESCERE DEGLI ABITANTI
L'analisi mette in evidenza come un Comune "piccolo" spenda tendenzialmente maggiori risorse per residente rispetto ad enti più popolosi nei servizi appena citati. Nella suddivisione per classi demografiche, si varia infatti dai 297 euro per cittadino nei Comuni con meno di duemila abitanti fino ai 188 per quelli che superano i 60 mila residenti, passando per i 172,7 euro procapite nei Comuni che hanno tra i duemila e i cinquemila abitanti ai 176 per la classe demografica compresa tra i 20 mila e i 60 mila, con punte in basso di 128,2 euro tra i 10 mila e i 20 mila abitanti e di 138,7 tra i 5 mila e i 10 mila.
"Un dato - hanno commentato Paolino Barbiero , segretario generale della Camera del Lavoro di Treviso, e Giacomo Vendrame, che ha coordinato il lavoro - che mette in evidenza come il costo tenda ad essere alto ai due estremi, cioè in maniera più o meno naturale dove il numero di residenti è elevato e, in modo probabilmente molto più inefficiente, dove gli abitanti sono pochi, trovando equilibri razionali nel rapporto costo-prestazioni tra i 5 mila e i 20 mila abitanti".
PERSONALE PIU CARO NEI PICCOLI COMUNI
Il trend di spesa indicato per le spese di funzionamento viene ricalcato anche per quanto riguarda il costo del personale: 223 euro a cittadino è il valore nei Comuni sotto i 2 mila abitanti, 205 euro in quelli compresi fra i 20 mila e i 60 mila residenti, per risalire a 258 euro sopra i 60 mila. Anche in questo caso, i livelli proporzionalmente più bassi di costo per cittadino sono quelli sostenuti dai Comuni che stanno fra i 5 mila e i 20 abitanti."
RAZIONALIZZAZIONE E RISPARMI
La ricerca dell'Ufficio Studi si conclude con una proposta: quella di arrivare alla razionalizzazione della macchina amministrativa territoriale per rendere più efficienti le risorse, già scarse, a disposizione. Per l'Ufficio Studi della Cgil non si tratta di "tagliare" in quanto "quello di declinare l'efficienza con la minore spesa - si legge nella ricerca - è uno strano vizio" che non tiene conto dell'efficacia e dell'efficienza dei servizi erogati.
"Si tratta invece - spiegano Barbiero e Vendrame - di migliorare la qualità erogando più servizi a parità di risorse o con risorse inferiori". Razionalizzare attraverso l'accorpamento di funzioni a livello multi-comunale, se non proprio arrivando ad una riduzione del numero di amministrazioni comunali riducendo significativamente il numero dei Comuni con meno di 2 mila abitanti e portando la soglia minima a 5 mila, produrrebbe una razionalizzazione che, nella sola provincia di Treviso, l'Ufficio Studi della Cgil provinciale di Treviso stima tra i 3 e gli 8 milioni di euro all'anno.
"Banalizzando - ha insistito il segretario della Cgil provinciale - si potrebbe dire: perché due ragionieri devono mettersi a fare due bilanci di due Comuni quando ne basterebbe uno, sia di ragioniere che di bilancio? L'altro ragioniere potrebbe invece occuparsi di cose diverse, con risultati altrettanto importanti, come ad esempio la lotta all'evasione, lo studio del sistema dei finanziamenti europei e i meccanismi per ottenerli.".
"Il peso della macchina burocratica anche in termini di tasse e imposte - hanno concluso Barbiero e Vendrame - non si affronta con argomentazioni sciocche, come l'accusa di bassa produttività e di "menefreghismo" e "poca voglia di lavorare" da parte dei dipendenti pubblici.
Invece di occuparsi di stupidaggini, la politica dovrebbe porsi il problema delle soglie di governo locale che, a maggior ragione in funzione del processo di trasformazione federalista, non possono essere sinonimo di frammentazione.
A dirlo non è una valutazione di natura politica ma una regola aurea, quella delle economia di scala, se non bastasse il buon senso. Semmai è la politica che, come nel caso delle province, frena la semplificazione e la razionalizzazione, perché la polverizzazione dei livelli istituzionali altro non è che un serbatoio per la creazione di micro classi di potere il cui unico scopo è quello di perpetrare un rigido controllo "politico-elettorale" dei territori, senza che questo sia minimamente utile al governo efficiente delle comunità".
Ufficio Stampa