ALLE TUTELE CRESCENTI SI CONTRAPPONGANO I PRIVILEGI CALANTI.
Nella nuova versione del welfare prospettata dal governo sarà l'anzianità di servizio a determinare il livello di godimento dei diritti da parte dei lavoratori, dunque, nella generalità dei casi, l'età dello stesso lavoratore.
In questo schema proposto in materia di rapporti di lavoro si legge di fatto un limite alla libertà e all'uguaglianza, e un rovesciamento dei principi costituzionali a garanzia della pari dignità sociale dei cittadini
di una Repubblica che, non dimentichiamoci, è fondata sul lavoro e che ha il compito di rimuovere gli ostacoli proprio di ordine economico e sociale.
Più sei giovane meno tutele e diritti avrai. Questo capovolgimento di scenario implicherebbe non solo l'inserimento di una sorta di discriminazione all'interno del nostro ordinamento ma, in un mondo del lavoro già dominato dalle forme di precariato, l'impossibilità per i nuovi lavoratori di raggiungere la soglia di "anzianità di servizio" prevista dalla legge per l'accesso al godimento di alcuni diritti; senza parlare della parte contributiva e dunque dell'altra soglia, quella dell'età pensionistica, che diventerebbe così un miraggio. In poche parole, chi è giovane e precario oggi sarà un vecchio povero domani.
Per eliminare le discrepanze esistenti tra lavoratori "tradizionali" e lavoratori "atipici", certamente non si dovrebbe iniziare a occuparsi, al ribasso, dei diritti dei primi. Piuttosto bisognerebbe mettere mano alla giungla di contratti che negli anni ha generato il mare di precariato in cui sono immersi i secondi. Si ci dovrebbe porre, in sostanza, il problema di estendere le tutele a chi oggi non ce l'ha, non a livellarle verso il basso, istituzionalizzando nuove forme di discriminazione su base generazionale.
Il problema delle risorse mancanti per far fronte a tutele collettive e individuali.. Presto risolto, al contratto a tutele crescenti, io proporrei, oltre a una ferrea lotta all'evasione fiscale e alla corruzione, una manovra a "privilegi calanti". Ecco, pari dignità e rimozione degli ostacoli, esattamente il contrario di ciò che il governo sta prospettando
.
Si metta le mani alle caste, alle sacche di inefficienza radicate in decenni di sistemi clientelari. Dai tetti agli stipendi dei manager alle pensioni d'oro, dai vitalizi ai benefit concessi ai politici, che predica tagli e sacrifici e continua immoralmente a garantirsi corsie preferenziali, salvaguarda i propri interessi particolari e di classe. Si parta da qui e subito a riformare il Paese, dai consigli regionali al parlamento, dai cda delle società pubbliche e municipalizzate, dalle sovrastrutture create per distribuire poltrone all'eccessiva frammentazione degli enti locali, perché di poltrone non se ne vogliono togliere.
Se non si affronteranno questi nodi, queste reali forme di disuguaglianza sociale, se si persevera nel tutelare chi di ulteriori tutele non ha bisogno, anzi ne ha fin troppe, pesando ancora una volta sui più deboli, ci ritroveremo
domani di fronte ad una società povera e a un sistema discriminante e discriminatorio, per certi versi oligarchico, dove si intrecciano poteri economici e politici, ancor più difficile da sradicare.