Intervento di Mauro Visentin, segretario generale della Cgil Treviso, in merito al salario minimo.
Salario minimo ma non solo...
In questi ultimi giorni la discussione sul salario minimo si sta facendo sempre più accesa.
Mi è capitato di seguire le audizioni, trasmesse via radio, della commissione lavoro della Camera dei Deputati che nelle scorse settimane hanno sentito sul tema, sindacati e associazioni datoriali (i famosi corpi intermedi). Al di la delle varie posizioni, sull’opportunità o meno di istituire per legge un limite minimo di salario orario, il quadro che ne emerge è una sostanziale ammissione che il lavoro dipendente è in molti casi soggetto a sfruttamento fuori dalle regole. È urgente quindi (ri)dare dignità al lavoro, a partire dalla retribuzione oraria, non solo con la definizione di “quanto ti pago ogni ora di lavoro”, ma “quanti e quali diritti ti riconosco oltre la tua retribuzione”.
Diritti che devono essere assolutamente universali: il diritto di una indennità per la malattia, per l’infortunio, il diritto di poter usufruire di un periodo di ferie per il recupero psico-fisico, il diritto di utilizzare dei congedi retribuiti per la maternità/paternità, dei congedi per situazioni di accudimento di familiari o conviventi, per lo studio o per la formazione, oltre al trattamento di fine rapporto (il TFR) o la possibilità di accedere alla previdenza complementare, ecc.
Tutte queste conquiste presenti nei contratti nazionali (CCNL) devono e possono essere riconosciute dentro al “salario minimo”, attraverso un meccanismo di collegamento del salario alla contrattazione nazionale di settore.
Ed è qui che, come si dice, “casca l’asino”: perché in questo ultimo decennio, i contratti nazionali sono aumentati e quasi raddoppiati. Nella maggior parte dei casi si tratta di contratti cosiddetti “pirata”.
Accordi sottoscritti da associazioni di categoria e sindacati minori, poco o per nulla rappresentativi che, è sotto gli occhi di tutti, solitamente peggiorano le condizioni del lavoro sotto l’aspetto normativo ed economico, rispetto ai CCNL di settore sottoscritti dalle sigle più rappresentative sia per aderenti che per presenza territoriale.
È utile avere quindi una legge sulla rappresentanza, che legittimi chi può sottoscrivere i CCNL e chi non ha titolo di stipulare contratti collettivi (art. 39 della Costituzione).
In questo modo è possibile che la contrattazione in un determinato settore (lavoratori del metalmeccanico, piuttosto che chimico o della scuola...) venga per legge applicata a tutti gli interessati, il famoso “erga omnes”. Ovviamente questo non basta.
Dall’analisi del nostro mercato del lavoro, vediamo che altre storture hanno preso piede in maniera sempre più preponderante, ingiustizie che concorrono a determinare il fenomeno del “lavoro povero”, ovvero anche in presenza di un normale rapporto di lavoro, non corrisponde una retribuzione sufficiente ad assicurare al lavoratore ed alla sua famiglia un'esistenza libera e dignitosa (art. 36 Costituzione).
In questo caso, il grande imputato è la precarizzazione del rapporto di lavoro che spesso si manifesta con il part-time involontario, il sotto inquadramento, la mancata progressione della carriera (scatti di anzianità, premi, ecc.), il lavoro somministrato, le finte partite IVA, i contratti di collaborazione, e tutte quelle modalità di assunzione (più di 40) differenti dal rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Per non parlare di un altro tipo di lavoro dove in Italia siamo campioni del mondo: il sommerso comunemente chiamato “lavoro nero” dove non esiste contratto e non esistono tabelle paga.
Si parta allora a discutere dal salario minimo: è necessario fissare un paletto di “dignità economica”. Ma non ci si illuda, che così sia finita la faccenda, perché il riscatto del lavoro passa attraverso la legalità, i diritti contrattuali, i rinnovi dei CCNL, una tassazione equa e proporzionata, la salubrità dei luoghi di lavoro e la sicurezza dei lavoratori, con una gestione aggiornata dei tempi di vita e di lavoro, l’accesso a servizi sociali come asili nido, scuola, dopo scuola a portata di busta paga, la possibilità di avere a fine carriera lavorativa una pensione dignitosa. Deve passare un concetto diverso di società e di modello di sviluppo. La sfida è impegnativa, ma è l’unica prospettiva che ci possiamo permettere.
Mauro Visentin