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LETTERA AL DIRETTORE

Comunicati Segreteria - 14/10/2011

Gentile direttore, si discute tanto di cartelle bollate, a riguardo dell'aeroporto di Treviso. Si parla e ci si accapiglia di sentenze, di appelli alle Procure, ci si esercita in braccio di ferro a colpi di consulenze legali.
Resta marginale quello che per il territorio di questa provincia non è una faccenda irrilevante, cioè l'evidente assoluta mancanza di una visione d'insieme, capace di esprimere quella che si chiama "governance": la capacità di tenere insieme gli interessi, di avere delle priorità precise, di governare i processi e non di subirli.

E' questo di cui si sente il bisogno di fronte all' "affaire Canova", una situazione in cui chiaramente oggi si patisce una certa superficialità nel gestire le politiche di sviluppo dello scalo, la sua compatibilità con il tessuto urbano, il suo senso, il suo futuro. Partendo da alcune questioni, o considerazioni, che sono fondamentali.

Ad esempio: parlando delle concessioni ad edificare nei pressi della pista, cosa è arrivato prima, l'uovo dei permessi o la gallina dei piani di sviluppo del nuovo scalo?
Per essere coerente con l'idea di sistema aeroportuale - quello che Save dice di voler perseguire indipendentemente dall'agognata seconda pista del Marco Polo, che potrebbe anche rendere inutile l'aeroporto di Treviso - il Canova, che è neppure una cinquantina di chilometri da Venezia, deve essere performante dal punto di vista dei voli e del numero di passeggeri.
Tenendo conto che rispetto all'affollato numero di scali aeroportuali italiani (148) la stessa Commissione Europea raccomanda una razionalizzazione che parta dell'efficientizzazione del sistema anche attraverso la soppressione degli aeroporti sotto dimensionati.
Queste soglie per il Canova sono compatibili con l'insistenza di area urbane nelle immediate vicinanze della pista?

Come è possibile che nelle "vie di fuga" dell'aeroporto insistano edifici, in molti casi capannoni: cosa è venuto prima, la loro costruzione o l'ampliamento dello scalo? E perché nessuno, in questo caso le due amministrazioni comunali di Treviso e Quinto, ha pensato ad un riordino urbano complessivo?
Questi esempi di "disordine", che sono al centro delle questioni che oppongo aeroporto e comitato, sono la dimostrazione lampante della mancanza di un tavolo istituzionale e politico che sia in grado di dirigere e programmare lo sviluppo e il futuro di questa provincia. Nel caso del Canova sembra che capannoni, abitazioni e la stessa nuova aerostazione (un investimento di 11 milioni di euro, di cui 7 pubblici) sia cresciuti come funghi, spontaneamente e a casaccio.

Quale è la relazione fra attività aeroportuale e indotto? Quale il contributo dell'aerostazione all'economia turistica o al sistema delle imprese, che necessità di sistemi infrastrutturali di collegamento all'altezza delle evoluzioni dell'economia e dei mercati? Si tratta di elementi realmente tenuti in considerazione, studiati e pianificati da una immaginifica cabina di regia? No, non è così. E poi: il sistema pubblico, che in fase di concambio ha letteralmente svenduto la sua partecipazione societaria, ha ancora margini per determinare le politiche industriali aeroportuali e metterle in effetti al servizio della provincia, delle sue aziende, della società trevigiana?

L'assemblea che si è svolta la scorsa settimana è stata una cartina di tornasole di come la faccenda venga considerata dalle istituzioni e dalla politica.
Quest'ultima, ad oggi, resta assente, soprattutto in termini di proposta e iniziativa - che vada oltre le chiose e le affermazioni di principio - sia sul fronte delle forze di governo che di quelle di opposizione. Era infatti largamente assente all'incontro con la cittadinanza e i lavoratori.
Come assenti erano anche i primi cittadini di Treviso e Quinto, che come si fa nelle cerimonie di contorno a cui non si vuole partecipare, si sono fatti rappresentare e sono rimasti alla larga.

Dai tempi di "capannone selvaggio", insomma, non è cambiato nulla.
Si procede in ordine sparso, per lo più caotico, senza un progetto a lungo termine. Le parole d'ordine della politica sono altre e guardano all'incasso elettorale a breve scadenza, dato che l'affollato sistema istituzionale prevede elezioni praticamente ogni anno. Il risultato è che davanti alla luna delle questioni vere ci si metta a fissare il dito delle carte bollate, delle istanze legali, dei ricorsi alla giustizia amministrativa. Con buona pace delle intenzioni e delle belle parole.
Nel frattempo rischiano di perdere la rotta per raggiungere un futuro di sviluppo vero e sostenibile.

Paolino Barbiero segretario generale Cgil provinciale Treviso