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COMUNICATO STAMPA

Comunicati Segreteria - 19/07/2011

RICERCA DELL'UFFICIO STUDI DELLA CGIL DI TREVISO.
Primo semestre 2011, mercato del lavoro ancora in crisi.
Da gennaio a oggi 3.937 espulsi, di cui 2.431 lavoratori licenziati nelle piccolissime imprese, altri 1.734 in Cigs dalle Pmi e 1.123 in sospensione e poi in Cassa integrazione in deroga nell'artigianato, a cui si aggiungono i 640 posti di lavoro persi nell'edilizia.
"I rimbalzi dell'export dell'industria trevigiana non producono nuovi posti di lavoro anzi stanno continuando le procedure di licenziamento e di cigs in tutti i settori del manifatturiero, delle sospensioni e delle cig in deroga nell'artigianato, nell'edilizia si assiste a una crisi senza precedenti e purtroppo non si fermano le istanze di fallimento e di cessate attività di molte imprese".

Lo ha detto oggi Paolino Barbiero, segretario generale della Cgil provinciale di Treviso, commentando i dati sul mercato del lavoro nella Marca diffusi oggi dall'Ufficio Studi della Camera del Lavoro. Dati che, tra l'altro, indicano un aumento della cassa integrazione in provincia, con un incremento del numero di imprese che ne fanno richiesta e che oggi vede coinvolte 80 aziende e 1.734 lavoratori. Dopo l'impennata di gennaio con 1.327 lavoratori in mobilità, mettendo insieme le procedure che riguardano la mobilità nelle imprese medie e grandi e quelle nelle piccole (quest'ultime caratterizzate dall'assenza di veri ammortizzatori sociali per chi perde il posto) il primo semestre del 2011 si chiude con 3.937 iscritti alle liste di mobilità. Considerando il picco di inizio anno sono 656 i lavoratori che ogni mese vengono interessati dalle procedure di mobilità.

Nell'artigianato i lavoratori sospesi e posti in cigs in deroga sono stati 1.123 e una parte di questi è andata a ingrossare il numero dei licenziati con la Legge 236/93.
Anche nell'edilizia il dato è negativo, più di 1.200 lavoratori sono usciti dalle casse edili e stimiamo che almeno la metà di questi non si sia ricollocata.
L'elaborazione dell'Ufficio Studi della Camera del Lavoro di Treviso ha preso in esame le dinamiche occupazionali, analizza i dati relativi alle espulsioni da gennaio a giugno suddividendoli per procedura (grandi e medie imprese, piccole e artigiane), per sesso, per tipologia di impiego e per nazionalità (italiani o stranieri) e per categoria di appartenenza.

LICENZIAMENTI – Rimane costante, come nel 1° semestre del 2010, il fronte complessivo delle fuoriuscite con altri 3.937 soggetti, di questi il 28,2% sono stranieri. Lo studio evidenzia inoltre il preoccupante trend che riguarda le imprese più grandi, in cui le procedure di mobilità hanno portato, nel semestre in esame, altri 1.506 licenziamenti. Ma la crisi, secondo l'analisi dell'Ufficio Studi, profonda e strutturale, investe in provincia di Treviso, soprattutto le piccole imprese. Da questa realtà, la più diffusa nel territorio, escono 2.431 lavoratori, un migliaio in più rispetto ai licenziati dalle grandi imprese. Riprende a crescere anche la percentuale di personale amministrativo che perde l'occupazione: i licenziati restano, per la gran parte, soggetti occupati con mansioni operaie, ma gli impiegati espulsi, nei primi sei mesi dell'anno, sono stati il 33,4% del totale, confermando il trend negativo del 2010, che testava la media al 28%.

I SETTORI – Per quanto riguarda i contratti coperti da ammortizzatori sociali, record negativo dei licenziamenti nel 2011 per il comparto metalmeccanico, che secondo lo studio è quello a soffrire di più (659 lavoratori interessati), concentrando il 43,76% dei licenziamenti totali e confermando così il dato del 2010. Anche per quanto riguarda la parte di licenziamenti non coperti da indennità il trend per la metalmeccanica è negativo (437 espulsi), con un risultato complessivo (Legge 223/91 e 236/93) di ben 1.096 posti persi in sei mesi. Subito dopo viene il settore del legno-arredo con il 18% che supera seppur di poco il tessile-abbigliamento e calzaturiero, con il 17,8%. Inoltre, il dato significativo per quanto riguarda le categorie escluse dai veri ammortizzatori sociali è l'erosione occupazionale alla quale è oggi più che mai soggetto il comparto edile della Marca, anche a fronte del Piano casa in vigore dal 2009. L'edilizia conta 640 lavoratori in mobilità superando così la soglia del 26,33% del totale provinciale dei lavoratori interessati Legge236/93. Il commercio si attesta al 3,32% delle mobilità con indennità e ben al 16% di quella senza, contando complessivamente 440 fuoriuscite.

DATO ANAGRAFICO - Se per quanto riguarda quella parte di licenziamenti coperti dagli ammortizzatori sociali solo il 5% dei licenziati sta al di sotto dei 30 anni, la percentuale raddoppia (10,53%) per le procedure di mobilità riguardanti le piccole imprese e l'artigianato. La fascia d'età compresa tra i 31 e i 40 anni è la più colpita per quanto riguarda le procedute senza copertura, mentre è quella che va dai 41 ai 50 ad avere le percentuali più alte di espulsioni con indennità. Resta sostanzialmente invariato e sempre più alto, sia per quanto riguarda i lavoratori in mobilità con indennità che quelli senza, il numero di uomini 64%. Sotto il 10% la percentuale di ultracinquantenni espulsi senza nessuna forma di ammortizzatore sociale.

DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA – Nella sola area di Conegliano si contano 203 lavoratori in mobilità (Legge 223/91) appartenenti al settore metalmeccanico per ben 23 aziende. Solo due di queste includono oltre metà dei posti persi: L'Electrolux Italia spa di Susegana e la Ape Advenced spa di Refrontolo. Per quanto riguarda il comparto del legno sono 64, sulle 271 in provincia, le espulsioni solo alla Rosada Windows di San Fior. Ed è proprio l'area pedemontana che, globalmente per tutti i settori, soffre di più degli effetti della crisi occupazionale: 492 posti persi nel coneglianese e 264 nell'area di Montebelluna. In quest'ultima parte della Marca i casi eclatanti sono per il metalmeccanico i 74 posti di lavoro persi alle Fonderie del Montello e gli altri 74 alla vecchia Diadora spa.

L'ANALISI - La fisionomia della cassa integrazione in questo primo semestre del 2011, soprattutto l'evoluzione della cassa integrazione ordinaria, straordinaria e in deroga assieme alle procedure di mobilità, confermano un vero e proprio intensificarsi delle fuoriuscite (da gennaio 2011 infatti sono già 2.431 i licenziati dalle piccole e 1.506 dalle grandi, di cui 1.112 immigrati, per un totale di già 3.937 soggetti, e oltre 3.000 lavoratori non attivi che percepiscono redditi mensili sotto gli 800 euro), in un panorama segnato da due situazioni molto definite: la diminuzione della tenuta delle imprese dell'edilizia e del legno-arredo, pesantemente coinvolte dalla crisi dei flussi occupazionali, e dalla tendenza, in particolare per quanto riguarda i giovani al di sotto dei trent'anni, ad una crescente difficoltà di trovare  lavoro stabile e dalla difficile ricollocazione degli over50 e delle donne. Inoltre, in aggiunta alle cause, congiunturali e strutturali, di richiesta di cassa integrazione (per ristrutturazione, riorganizzazione, crisi di mercato e difficoltà finanziarie) crescono sempre più le occasioni di cassa integrazione dovute ai fallimenti e procedure concorsuali (un quarto delle facenti richiesta nel semestre di riferimento).

"Quando i dati del mercato del lavoro vengono analizzati nel loro insieme - ha spiegato Barbiero - si nota che i livelli occupazionali sono in continuo calo, rischiamo di passare dai 390.000 occupati del 2007 ai 350.000 del 2011. E' fuorviante far credere che i rimbalzi dell'export e la contrazione delle ore di cig siano il segnale dell'uscita dalla crisi. La disoccupazione ormai ha superato la soglia del 6% e il tasso di occupazione è sceso sotto il 65% in un quadro complessivo dove gli avviamenti al lavoro non coprono i posti di lavoro distrutti negli ultimi 4 anni, inoltre i rapporti di lavoro stabile a tempo indeterminato sono diventate una chimera".
"E' attraverso politiche industriali che valorizzino i saperi e il saper fare - ha proseguito il segretario generale della Cgil provinciale - che si può uscire prima e meglio dalla crisi dando prospettive e futuro alle nuove generazioni per affermare un sistema economico in grado di spingere verso uno sviluppo sostenibile, ma anche verso una politica del territorio fatta senza sprechi, ridondanze, corruzione, ma attenta al bene comune dell'impresa e dei lavoratori".

"La recente finanziaria e i miliardi di euro bruciati in borsa - ha concluso Barbiero - oltre a produrre effetti negativi sul bilancio dello Stato e nelle famiglie a reddito medio-basso stanno mettendo il sistema bancario in una situazione di tensione sulla propria liquidità e quindi assisteremo ad una nuova fase di difficoltà nell'erogazione del credito alle imprese con conseguenti ricadute sui fatturati, sugli investimenti e quindi anche sull'occupazione.
E' necessario, senza aspettare che dal governo centrale arrivino risposte come quelle dello scudo fiscale, della precarizzazione del
lavoro, della contrazione dei diritti, che a livello locale si strutturi un'idea forte e condivisa sulle politiche industriali, commerciali, infrastrutturali e sociali collegandole a risorse finanziarie che CCIAA, sistema bancario e enti locali mettano a disposizione per un piano di sviluppo sostenibile a livello provinciale".

Ufficio Stampa