La crisi del settore legno-mobilio, una sfida per il territorio e per chi si candida a governarlo.
Gentile Direttore,Dal 2008 alla fine dello scorso anno, con un crescente trend di segno meno, l'emorragia ha determinato una flessione dei livelli occupazionali di 7.445 posti di lavoro, oltre mille all'anno, un quarto del totale complessivo del sistema industriale della Marca. Per il settore le aree più colpite sono il coneglianese e l'opitergino, che da sole raccolgono ben più della metà dei posti persi (-4.485). È la drammatica fotografia di quello che era uno dei comparti trainanti del sistema produttivo trevigiano e che oggi si ritrova regredito nella sua capacità industriale e portata occupazionale.
A differenza di altri settori dove la dimensione industriale viene, o meglio dovrebbe essere, affrontata con politiche a livello nazionale e poi coerenti interventi locali, il settore del legno difficilmente trova nella dimensione nazionale il suo habitat: proprio per la peculiarità territoriale sono le istituzioni della nostra regione a dover cercare i giusti indirizzi di politica industriale per aiutare il settore. La realtà, invece, ci parla di nessuna risposta e nemmeno vera discussione in merito alla crisi per il legno. Restano, infatti, ancora tutti da sciogliere i nodi strutturali per il distretto produttivo, quello del mobile, che era e mi auguro possa essere anche in futuro, una nostra eccellenza locale, tutta veneta e in parte friulana. E così, progressivamente sta venendo a mancare la densità produttiva che caratterizzava anche geograficamente il comparto, e con essa nel tempo si affievolisce il know how diffuso, fondamentale per la competitività non solo delle nostre aziende ma di tutto il tessuto produttivo nel suo complesso.Di fronte a tale disastrosa situazione non possiamo certo aspettare ancora, non possiamo proprio più attendere che gli interventi arrivino da lontano. Le politiche industriali più adatte a risollevare le sorti del settore abbiamo il dovere e la responsabilità di scoprirle qui, in Veneto, a Venezia e non a Roma. Ragionare su strategie di sviluppo e di tenuta dell'occupazione e metterle in atto spingendo e investendo sulla ricerca, l'innovazione e sulla competitività nei mercati esteri, è compito complesso ma indispensabile per non bruciare risorse e lavoro.
Politiche industriali che riconsiderino il ruolo dei consorzi, delle reti e delle aggregazioni d'impresa, per uscire dalla frammentazione e dal nanismo e ovviare all'impoverimento delle competenze e delle specializzazioni.