Gentile Direttore,
la data del 25 aprile compie 65 anni ma non è ancora tempo per la pensione.
Il significato della ricorrenza rimane infatti ancora attuale, perchè attualissima è la battaglia per la difesa dei valori di libertà e democrazia, nella società, nell'economia e nel lavoro, in un Paese come travolto dalla più grave crisi economica della storia repubblicana e vittima del tentativo eversivo di imporre una forma di autoritarismo dolce, una videocrazia che si impone tanto più aumenta, come sta succedendo oggi, la distanza fra cittadini e politica e diminuiscono gli spazi e l'interesse per la partecipazione democratica.
Il richiamo al lavoro come valore portante della Repubblica, la tutela del lavoro stesso in tutte le sue forme e l'elevazione professionale dei lavoratori, il diritto alla retribuzione proporzionata alla quantità e qualità dell'occupazione e il ruolo della retribuzione come strumento per affermare la dignità e la libertà della persona sono evidentemente questioni attualissime, considerata non solo la crisi dell'occupazione ma anche il tentativo in atto di spostare verso il basso diritti e salario, il tentativo di allargare un precariato, sostituendo alla stabilità della l'idea inaccettabile del lavoro a cottimo, come anche la volontà di imporre pesanti controriforme, come nel caso del diritto del lavoro, spostando il favore del legislatore verso la parte più forte del rapporto e non,come sarebbe naturale e previsto dalla costituzione verso quella più debole.
Ugualmente attuale è il disposto dell'art 3, dove si parla di uguaglianza, dignità sociale, rispetto alla diversità di sesso, condizione economica, convinzione personali,; la rimozione degli ostacoli di natura economica all'uguaglianza sostanziale, la libertà di espressione, che è anche libertà di stampa sono le questioni con cui oggi l'Italia ha drammaticamente a che fare, così come la libertà della scuola e il ruolo democratico della scuola pubblica, il diritto e la libertà di sciopero.La promozione di questi valori dovrebbe rappresentare un impegno del nostro sistema istituzionale, sociale ed economico, ma è invece ostacolata da un aperto atteggiamento di ostilità da parte di una cultura non solo conservatrice, quanto apertamente reazionaria che propugna una idea oligarchica del potere e dello Stato.
E' da qui che nasce il disimpegno istituzionale rispetto alla celebrazione del 25 aprile, che parte dall'indifferenza dichiarata e conclamata del Presidente del Consiglio alle sciocchezze del sindaco di Mogliano, che vorrebbe non far cantare "Bella Ciao".Non si capisce perché invece proprio l'Italia, dove i concetti di democrazia, senso dello Stato Repubblicano e rispetto per le regole e le istituzioni avrebbero anzi bisogno di essere ancora maggiormente diffusi, il 25 Aprile non debba essere riconosciuto come festa autenticamente nazionale, unificante, fondante.
L'evidenza è una sola: da una parte ci sono i democratici, non importa di quale parte dello schieramento, dall'altra chi vagheggia, per il nostro futuro, nuove forme di autoritarismo e totalitarismo. Il 25 aprile serve a ricordarci tutto questo.
Paolino Barbiero, segretario generale Cgil provinciale Treviso