Gentile Direttore,
di fronte al bisogno ineludibile di mettere in carreggiata l'Italia dopo lo tsunami della crisi,
contro cui il precedente governo non ha alzato dighe di sorta, viene spontanea una domanda:
salvata l'Italia saranno salvati anche gli italiani?
Non c'è dubbio che una manovra di risanamento profondo dei conti imponga sacrifici.
Ugualmente, e questa è la ragione dello sciopero di ieri, non è accettabile un sacrificio che penalizzi i soliti già sacrificati.
Se è l'ingiustizia sociale l'obolo da versare per il rigore, quel prezzo non è giusto pagarlo più.
E' curioso, e questa è una premessa d'obbligo, che oggi a dettare le regole della ristrutturazione degli Stati più esposti ai rischi del debito siano gli stessi che quel debito lo hanno creato come occasione di speculazione, cioè i mercati.
Il debito privato come leva dei consumi a compensazione della riduzione reale di reddito disponibile, l'infezione dei mutui subprime cioè aver gonfiato il mercato facendoci accedere debitori che già si sapeva sarebbero stati insolventi- sono creature di quella macchina del fango economico che si inventa denaro che non c'è al riparo del qualsiasi rischio o responsabilità morale. Anche le banche, che oggi elemosineranno aiuti di Stato dopo essere state lo spacciatore che ha instupidito con massicce dosi di droga da credito facile, debito garantito, altrettanti garantiti interessi e quindi guadagno. Quanto al debito pubblico ogni Paese ha il suo e bisogna ben capire di cosa si tratta. Senza dimenticare che se guardo solo al debito, e non alla crescita per quanto misurata da un indicatore approssimativo come il PIL, rischio di non capirci un bel niente e adottare politiche e misure molto contingenti e poco orientate al futuro.
Detto questo, ed è chiaro che non è accettabile che a pagare per il risanamento dalla crisi siano quelli che la crisi l'hanno già patita, questo governo non può limitarsi a mettere in ordine i conti se questo avviene attraverso una manovra pesantemente recessiva, tutta spostata sul fronte delle entrate e che penalizza i più deboli. Che Monti dica che in Italia non ci sono abbastanza ricchi per fare sì che non si debbano colpire i deboli è risibile quanto inaccettabile.
Innalzare poi l'aliquota dell'Iva vuol dire di fatto inasprire una imposta che, in quanto indiretta, colpisce tutto allo stesso modo sul piano delle percentuali ma che è regressiva perché attacca maggiormente i redditi bassi rispetto alla loro utilità marginale. Per di più, spalmata su tutti i beni, anche quelli a maggiore intensità di acquisto, configura un potenziale iniettore dell'inflazione perché innescherà, come già avvenuto in occasione dell'aumento al 21%, anche un aumento dei prezzi. E chi lo paga? Ancora i più deboli, oltre a configurare rischi di recessione del mercato interno. Infine: il non adeguamento delle pensioni aggrava quella tassa occulta che è il fiscal drag, che drena risorse dai redditi reali per effetto di un non pieno recupero dell'erosione data dall'inflazione, che oggi è ben sopra il 3%. Una tassa occulta che pagano, per effetto dell'utilità marginale, soprattutto i redditi più bassi.
Responsabilmente, sapendo che tutti dovremo fare sacrifici, quello che Cgil, Cisl e Uil chiedono non è di fare finta che ci sia il Bengodi, ma neppure di proseguire lungo la strada, già tracciata, che fa di questo Paese uno dei più ingiusti socialmente. Il paziente da salvare non può essere ridotto alla condizione di vita vegetativa.Paolino Barbiero, Segretario generale Cgil provinciale Treviso