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LETTERA AL DIRETTORE

Comunicati Segreteria - 13/12/2011

Gentile Direttore,
di fronte al bisogno ineludibile di mettere in carreggiata l'Italia dopo lo tsunami della crisi, contro cui il precedente governo non ha alzato dighe di sorta, viene spontanea una domanda: salvata l'Italia saranno salvati anche gli italiani?
Non c'è dubbio che una manovra di risanamento profondo dei conti imponga sacrifici. Ugualmente, e questa è la ragione dello sciopero di ieri, non è accettabile un sacrificio che penalizzi i soliti già sacrificati.
Se è l'ingiustizia sociale l'obolo da versare per il rigore, quel prezzo non è giusto pagarlo più.

Bisogna insomma capire quali siano le priorità: se il Paese e la società italiana o i mercati. Perché le due cose, in questo momento, possono anche non andare d'accordo e questo a causa di un deficit di potere della politica rispetto alle manovre del più vorace e ingiusto dei capitalismi, quello finanziario. Così come le aziende quotate in borsa perdono valore quando investono e quindi si riducono gli utili, sui mercati finanziari gli Stati o stanno alle condizioni degli investitori, spesso degli speculatori, e quindi si assicurano con tagli draconiani l'immagine di piena solvibilità (secondo criteri peraltro dettato dai mercati e quindi anche dalla speculazione) o vengono attaccati, come si fa con le vendite in borsa. Strumenti della minaccia del virus finanziario sono gli spread, conseguenza delle dinamiche di vendita e acquisto, e quindi gli interessi.

E' curioso, e questa è una premessa d'obbligo, che oggi a dettare le regole della ristrutturazione degli Stati più esposti ai rischi del debito siano gli stessi che quel debito lo hanno creato come occasione di speculazione, cioè i mercati.
Il debito privato come leva dei consumi a compensazione della riduzione reale di reddito disponibile, l'infezione dei mutui subprime – cioè aver gonfiato il mercato facendoci accedere debitori che già si sapeva sarebbero stati insolventi- sono creature di quella macchina del fango economico che si inventa denaro che non c'è al riparo del qualsiasi rischio o responsabilità morale. Anche le banche, che oggi elemosineranno aiuti di Stato dopo essere state lo spacciatore che ha instupidito con massicce dosi di droga da credito facile, debito garantito, altrettanti garantiti interessi e quindi guadagno. Quanto al debito pubblico ogni Paese ha il suo e bisogna ben capire di cosa si tratta. Senza dimenticare che se guardo solo al debito, e non alla crescita per quanto misurata da un indicatore approssimativo come il PIL, rischio di non capirci un bel niente e adottare politiche e misure molto contingenti e poco orientate al futuro.
Detto questo, ed è chiaro che non è accettabile che a pagare per il risanamento dalla crisi siano quelli che la crisi l'hanno già patita, questo governo non può limitarsi a mettere in ordine i conti se questo avviene attraverso una manovra pesantemente recessiva, tutta spostata sul fronte delle entrate e che penalizza i più deboli. Che Monti dica che in Italia non ci sono abbastanza ricchi per fare sì che non si debbano colpire i deboli è risibile quanto inaccettabile.

Ci sono partite economiche, anche tralasciando la penosa vicenda dei costi della politica e la tristezza che deriva dal vedere la Santa Alleanza trasversale di quelli che pensano che a 6 mila euro netti al mese si viva male, che possono essere toccate. Si può ragionare più e meglio sulla disparità di tassazione tra lavoro e rendita, si può ragionare sulla patrimoniale, si può e si deve ragionare sull'Ici a chi ne è o ne sarebbe esente, si può e si deve pensare alla razionalizzazione della spesa pubblica.
Lo si può fare prima di arrivare alla questione dell'evasione, che oltre ad essere un problema è una foglia di fico che serve a mandare in onda la prima puntata delle manovre lacrime e sangue, quella dei sacrifici spalmati su tutti e soprattutto sui ceti a reddito più basso, promettendo un secondo tempo di lotta ai furbetti che però non arriva mai e che resta il vero Godot della politica italiana.
L'Ici su tutti, con rivalutazioni del 60% delle rendite catastali, è una operazione irrazionale e pesantemente punitiva dei redditi più bassi, spesso già gravati del mutuo e quindi costretti a pagare una tassa su un bene che non è ancora nella loro piena disponibilità. Prodi aveva, oggettivamente, saputo fare meglio.

Innalzare poi l'aliquota dell'Iva vuol dire di fatto inasprire una imposta che, in quanto indiretta, colpisce tutto allo stesso modo sul piano delle percentuali ma che è regressiva perché attacca maggiormente i redditi bassi rispetto alla loro utilità marginale. Per di più, spalmata su tutti i beni, anche quelli a maggiore intensità di acquisto, configura un potenziale iniettore dell'inflazione perché innescherà, come già avvenuto in occasione dell'aumento al 21%, anche un aumento dei prezzi. E chi lo paga? Ancora i più deboli, oltre a configurare rischi di recessione del mercato interno. Infine: il non adeguamento delle pensioni aggrava quella tassa occulta che è il fiscal drag, che drena risorse dai redditi reali per effetto di un non pieno recupero dell'erosione data dall'inflazione, che oggi è ben sopra il 3%. Una tassa occulta che pagano, per effetto dell'utilità marginale, soprattutto i redditi più bassi.

Responsabilmente, sapendo che tutti dovremo fare sacrifici, quello che Cgil, Cisl e Uil chiedono non è di fare finta che ci sia il Bengodi, ma neppure di proseguire lungo la strada, già tracciata, che fa di questo Paese uno dei più ingiusti socialmente. Il paziente da salvare non può essere ridotto alla condizione di vita vegetativa.
Ci assumiamo tutti l'onere di salvare l'euro, la stabilità economica e finanziaria. Ma non si possono salvare solo i mercati, né fare manovre sotto il ricatto della speculazione travestita da regole dell'economia. Queste sono le ragioni di uno sciopero politico, come politico è il governo Monti, anche se i partiti fanno finta che non lo sia. E' un punto di inizio, non di partenza. La battaglia è per dare un futuro ai cittadini, ai lavoratori, ai giovani e ai pensionati, non per salvare il "di dietro" di quelli che con le loro porcate finanziarie hanno messo in pericolo il nostro.

Paolino Barbiero, Segretario generale Cgil provinciale Treviso