Immagine di copertina

LETTERA AL DIRETTORE

Comunicati Segreteria - 13/03/2013

Gentile direttore,
nel prendere atto delle posizioni assunte da alcune categorie economiche e alcuni rappresentanti del mondo dell'imprenditoria locale ho come l'impressione che l'affermazione del Movimento 5 Stelle rappresenti per qualcuno l'occasione per mondarsi dalle proprie responsabilità, scaricando la tragica contingenza in cui versa l'Italia solo sulla "cattiva politica" dei partiti.
Quella politica che ha in effetti numerose e gravi colpe ma che è anche, in parte, la stessa a cui in tanti, nel mondo delle imprese, si sono affidati, persino ciecamente.

Basti ricordare l'illusione che la ripresa del sistema produttivo passasse per una operazione di svalutazione della merce lavoro, ricercando competitività sul basso costo invece che attraverso processi di innovazione, una strategia ben perseguita dal centrodestra e senza dubbio alcuno sostenuto da una parte maggioritaria dell'imprenditoria nordestina.

Come dimenticare quindi le frequentissime celebrazioni dell'ex ministro Sacconi all'assise di Unindustria, quando imperava la visione, che non esito a definire reazionaria, di un mondo del lavoro privato di punti di riferimento: la distruzione del sistema di contrattualizzazione collettiva, la flessibilità estrema ottenuta con il Patto per l'Italia, la demolizione del welfare pubblico e l'idea balzana di tornare allo spontaneismo delle mutue. Per non dire dell'aspra polemica, ricercata per ragioni ideologiche, contro la Cgil.
Se c'è una cosa che le categorie economiche e chi inneggia alle virtù purificatrici del grillismo dovrebbero temere e l'instabilità istituzionale.
A pagare il conto del purismo grillino, cioè la testardaggine a suo modo ideologica di chi pur avendo ottenuto un ampio consenso nelle urne si mette fuori dalle regole istituzionali senza se e senza ma, sono i cittadini e le famiglia sempre più in difficoltà economica, le aziende sull'orlo della chiusura o del fallimento, i senza lavoro, giovani o meno giovani e i nostri pensionati.

Alla politica si possono attribuire tutte le responsabilità immaginabili e possibili: aver taciuto della crisi, non aver saputo interpretare il momento, aver perso tante occasioni di riforma, persino non aver saputo, come ha ammesso lo stesso segretario del Partito Democratico Bersani, mettere l'accento sulla enorme questione sociale - in campagna elettorale - con la necessaria radicalità.
Resta il fatto che quella che si considera parte avanzata della società, la borghesia produttiva più o meno illuminata che da sempre rappresenta classe dirigente nelle democrazie liberali occidentali, ci sia aspetterebbe una maggiore assunzione di responsabilità.

Oggi il mondo del lavoro e quelle delle aziende hanno il compito di sollecitare, qualsiasi essa sia purché all'interno delle regole costituzionali, una via d'uscita che non deve essere onorevole per il Pd in difficoltà, per i 5 Stelle che non sanno più cosa farsene dei tanti voti presi o per il Pdl partito azienda allo sbando. E' il Paese che chiede alla politica e alle classi dirigenti di evitare i bizantinismi, quelli della "vecchia" politica come quelli ispirati al purismo grillino che sembra inequivocabilmente puntare al tanto peggio tanto meglio.

La responsabilità è quella di indicare strade, proporre soluzioni, portare fuori, all'attenzione della pubblica opinione anche tutte quelle buone esperienze territoriali, penso ai patti sottoscritti in questa provincia, per far vedere come, in assenza di politica, si sia provato e si sia riusciti a imporre modelli innovativi che guardano avanti per l'interesse comune e che possono rappresentare esempi da seguire, sia come metodo che come risultato. Tutto questo, però, con l'onestà intellettuale di ammettere anche i propri errori. Se la brutta politica è prosperata soprattutto nell'ultimo ventennio è perché ha trovato rappresentanza e interessi che la sostenevano. Guardarsi intorno adesso con aria schifata come se tutto fosse successo non solo indipendentemente da noi ma persino malgrado noi, è una ipocrisia che riflette il peggio di quella politica che si critica aspramente. Ovvero il vizio di avere la memoria corta e lo sguardo che non va oltre la punta del naso dei propri interessi di parte.