E' davvero curioso che proprio mentre la legge di Stabilità attacca i patronati riducendo loro per l'ennesima volta le risorse del Fondo, arrivi con un ritardo di quasi 6 mesi la pubblicazione dei decreti applicativi della riforma dei patronati prevista nella precedente manovra finanziaria, a cui era subordinato l'impegno a non chiedere ulteriori sacrifici a questi istituti. Quasi a dire che l'impatto della riduzione delle risorse ad essi destinati possa essere in qualche modo compensato dalla previsione di una compartecipazione del cittadino alle spese per le prestazioni richieste.
Tale impostazione conferma la volontà del governo di far ricadere sui cittadini l'onere di far pagare loro quanto finora era fornito dai Patronati in forma assolutamente gratuita e universale. Al di là del merito dei decreti, è ridicolo che negli stessi decreti si richiami la dicitura “sentiti i patronati”, come se ci fosse stato un confronto su tali importanti novità. Niente di tutto ciò è avvenuto; fatto salvo un incontro veloce, prima dell’estate, a cui è seguito un silenzio di tomba, che ci ha lasciato nella totale incertezza e confusione circa le reali intenzioni del governo per la definizione di nuove regole che inevitabilmente devono regolare questa nuova materia. Per questa ragione, il nostro giudizio si conferma negativo sia nel metodo che nel merito.
L'impegno del governo assunto lo scorso anno era finalizzato a valorizzare e ad ampliare l'attività di tutela degli istituti di patronato, mentre quello che appare oggi in tutta evidenza è quello di depotenziare la mobilitazione che in tutto il paese sta prendendo forma contro tagli ingiustificati e del tutto inadeguati ad avviare un processo serio di riorganizzazione della rete dei patronati. Qualsiasi taglio, sia esso di 48 o di 28 milioni di euro, secondo le prime indiscrezioni di stampa, lascia inalterato il nostro giudizio negativo sulla possibilità per i Patronati di sopportare un altro sacrificio, senza avere ricadute significative occupazionali e sull'attività svolta.
E' ora che il Governo faccia chiarezza. Con i tagli ai fondi, costantemente intaccati da cinque anni, con le riduzioni di 90 milioni di euro dal 2010 al 2013 e poi con altri 35 milioni dello scorso anno, non si fa nessuna buona riforma. Anzi, si spiana la strada a un mercato dei servizi dove i cittadini più bisognosi di tutela saranno costretti a pagare per prestazioni cui hanno diritto per legge. Così come è già successo lo scorso anno, il Parlamento si faccia portavoce della esigenza espressa anche dall'oltre milione di cittadini che lo scorso anno hanno firmato la petizione contro lo smantellamento del diritto alla gratuità della tutela previdenziale e socio assistenziale, cancellando qualsiasi ipotesi di taglio dei fondi ai patronati dalla legge di Stabilità.
L'Inca, insieme alla Cgil e agli altri principali patronati, continuerà la mobilitazione e l'opera di controinformazione verso i cittadini e i parlamentari fino all'ultimo minuto utile per cambiare una norma sbagliata tesa a colpire quei corpi intermedi tanto indispensabili per i cittadini quanto preziosi per gli stessi enti di previdenza.
Bresolin Silvia
Direttrice INCA CGIL TREVISO