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Le 5 ipocrisie del dibattito sui profughi

Comunicati Immigrazione - 24/11/2015

Le 5 ipocrisie del dibattito sui profughi

 

La prima ipocrisia è quella del sistema di accoglienza. A un richiedente asilo diamo assistenza medica, un letto, pasti, lezioni di italiano e la possibilità di svolgere attività sportiva. Un percorso che può durare anche due anni, in attesa delle decisioni della Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale e, nel caso, anche dei tribunali competenti. Se il richiedente ottiene asilo, e viene quindi considerato profugo per motivi di guerra o di persecuzione, dal giorno seguente la strada diventa la sua casa. L’accoglienza è allora solo una prima lunghissima fase burocratica.

La seconda ipocrisia è ben rappresentata dal ritornello che rimbalza quotidianamente da un angolo all’altro della nostra provincia: “un conto sono i profughi, un conto sono i clandestini”. In realtà sono tutti richiedenti asilo. Alcuni ottengono il riconoscimento, altri vengono considerati migranti economici, che poi diventano clandestini non avendo titolo a rimanere. Secondo qualcuno, con malinteso spirito solidale, tale distinzione non andrebbe fatta. Ma così non può essere, perché per la legge c’è. Infatti, i profughi sono tutelati da norme internazionali, mentre dovremmo porci la questione dei migranti economici.

Qui la terza grave ipocrisia. I migranti economici sono coloro che il diritto internazionale non considera bisognosi di asilo o protezione. E sono coloro che, non esistendo ormai quasi più flussi di migrazione regolare verso l’Europa, si imbarcano o si incamminano assieme ai profughi. Sono coloro che, vittime dei trafficanti di esseri umani, entrano nelle logiche del business dell’illegalità e dello sfruttamento. Solo attraverso un’unica legge europea sulle migrazioni, riaprendo percorsi legali e sicuri per i migranti economici, separati da quelli dei profughi, si potrà gestire il fenomeno. Dobbiamo farlo anche visto l’invecchiamento della nostra popolazione. Nel 2020 solo nella nostra provincia di Treviso avremo 50mila persone non autosufficienti e nel 2031 il 26% della popolazione trevigiana sarà anziano.

Quarta ipocrisia: le guerre dalle quali scappano i profughi - in Siria, Libia, Iraq e Afghanistan - sono conflitti scatenati dai pesi occidentali. Recentemente perfino Blair ha ammesso che la guerra all’Iraq l’ha fatta con Bush sulla base di prove false e con esiti disastrosi come la proliferazione del terrorismo internazionale.

Infine, non possiamo fingere di non vedere l’enorme bolla umanitaria che si sta gonfiando: in media il 70% dei richiedenti ottiene un diniego ed è prevedibile che i ricorsi al tribunale non avranno miglior fortuna. Non prevedere tali esiti e le relative conseguenze è ipocrita, ma anche stupido. I richiedenti asilo attualmente ospitati in Veneto sono approssimativamente 10.000 (circa 1.700 a Treviso); ciò significa che alla fine dell’iter commissione più tribunale, circa 7.000 si troveranno nella condizione di non avere un permesso di soggiorno. Che faremo di queste persone? Le strade sono due: la sanatoria, per la quale non mi pare ci siano le condizioni politiche e che potrebbe a sua volta alimentare altri viaggi della speranza, o il rimpatrio nei paesi di origine, operazione altrettanto difficile e per la quale servirebbero accordi con quegli Stati.

Un mio compagno senegalese con la classica pragmatica africana mi ha dato un suggerimento che mi piace riportare: se spendiamo 30 euro al giorno per ognuno di loro per 2 anni, per poi dirgli che diventano clandestini, avremo buttato un sacco di soldi e rinviato il problema senza affrontarlo e risolverlo. Non sarebbe meglio usare tali risorse economiche per stringere un patto con queste persone? Nel periodo di attesa intanto ti insegno un mestiere che potrebbe esserti utili se resti in Italia, e utile alla nostra stessa società, se poi non puoi rimanere ti riaccompagno al tuo paese con un progetto di microcredito e di cooperazione internazionale per avviare lì un’attività di sviluppo. Sogni? Forse sì, certo è che la situazione che stiamo creando per loro e per noi adesso è invece sicuramente da incubo. Meglio svegliarsi prima che sia troppo tardi.

 

 

Nicola Atalmi

Responsabile immigrazione Cgil Treviso


Atalmi Nicola
Segreteria Provinciale CGIL TREVISO