Casa di riposo Umberto I di Montebelluna, dichiarato lo stato di agitazione
Le Federazioni sindacali territoriali della Funzione Pubblica di CGIL, CISL e UIL hanno dichiarato ieri, con lettera al Prefetto, lo stato di agitazione del personale dipendente della casa di riposo Umberto I di Montebelluna. Le motivazioni sono da ricondurre alle disposizioni relative all’orario di lavoro dei dipendenti adottate unilateralmente dalla direzione della struttura e determinanti pesanti ripercussioni sull’organizzazione dei servizi che potrebbe comportare pregiudizio della continuità assistenziale, ma anche a un generale clima di tensione e malessere di infermieri, Oss e personale tecnico-amministrativo. Sanzioni disciplinari utilizzate in maniera vessatoria e spropositata e modifica unilaterale dell’orario alla base della mobilitazione del personale, una cinquantina di dipendenti in tutto.
Una situazione definita “surreale” quella relativa alle nuove disposizioni imposte dalla direzione senza minimamente ascoltare le giuste richieste delle rappresentanze sindacali e relative all’orario di lavoro: un limite massimo di 10 minuti come tempo necessario per la vestizione e la svestizione, ovvero per mettere e togliere gli indumenti da lavoro. “Peccato che il CCNL preveda un tempo massimo di 15 minuti basato anche sulla distanza tra gli spogliatoi e l’unità operativa dove si presta lavoro”, spiegano Fabio Zuglian della Cisl Fp Belluno Treviso, Marta Casarin della Cgil Fp Treviso e Roberto Meneghello della Uil Fpl Belluno Treviso. Inoltre, le disposizioni orarie non tengono conto del tempo necessario per il passaggio delle consegne, con il risultato che a fine turno gli operatori si devono fermare per 10/15 minuti oltre l’orario di lavoro. Stabilita sempre unilateralmente una pausa di 10 minuti per “compensare” - e non pagare - i 10 minuti concessi per la vestizione, pausa che non sempre è fruibile data la natura dell’attività dei dipendenti che operano in una struttura dove dev’essere garantita la continuità assistenziale. Di notte poi la pausa obbligatoria rischia persino di configurarsi come interruzione di servizio di pubblica necessità. “Il risultato - spiegano i sindacalisti - è che non solo i dipendenti lavorano mediamente ogni giorno tra i 15 e i 20 minuti in più senza che sia previsto alcun recupero orario o monetario, ma vengono anche pesantemente sanzionati con provvedimenti disciplinari perché - responsabilmente - non effettuano la pausa con tanto di stimbro del cartellino, perché, soprattutto di notte, significherebbe lasciare soli gli anziani ospiti. In sostanza, la fruizione della pausa non sembra compatibile con l’organizzazione del servizio”.
L’Ipab Umberto I è l’unica struttura della provincia ad aver adottato una disposizione che regola in questo modo l’orario di lavoro, compensando i tempi di vestizione con una pausa obbligatoria in modo da non prolungare l’orario di lavoro e quindi aumentare lo stipendio o le ore di permesso. “Va anche detto - proseguono Zuglian, Casarin e Meneghello - che spesso vengono modificati gli orari già comunicati ai dipendenti senza alcun avvertimento né richiesta di disponibilità agli operatori con evidenti disagi”.
Le organizzazioni sindacali la scorsa estate si erano già rivolte al sindaco di Montebelluna e al Consiglio comunale segnalando la “degenerazione” della situazione dell’Ipab, chiedendo un “fattivo intervento allo scopo di ripristinare un clima organizzativo propedeutico al benessere dei dipendenti e degli ospiti”. Ora attendono la convocazione da parte del Prefetto per il tentativo di conciliazione con la direzione. “In un contesto di grande difficoltà delle strutture sanitarie e delle case di riposo, con la grave carenza di personale che si ravvisa ovunque - concludono i sindacalisti - l’atteggiamento della direzione dell’Umberto I è totalmente incomprensibile e inaccettabile. Non a caso, stiamo assistendo alla fuga da parte degli operatori con maggiore esperienza, che da anni regalano quotidianamente all’ente minuti di lavoro aggiuntivo senza mai aver chiesto nulla in cambio, ma ricevendo in risposta sanzioni disciplinari penalizzanti e degradanti”.
Uffici Stampa