La riflessione del segretario generale FP CGIL di Treviso sulla sanità pubblica
Finanziare il sistema pubblico, altro che competizione col privato
Da qualche anno le ricerche che indagano il sistema sanitario nazionale forniscono letture per alcuni versi contraddittorie e paradossali: da un lato si sostiene che il servizio sanitario pubblico e universale non è più economicamente sostenibile, dall’altro si continua a de-finanziarlo attraverso diversi meccanismi. Si afferma che crescono le famiglie che a causa del basso reddito rinunciano alle cure, dimenticando che il nostro sistema sanitario, proprio perché universale, garantisce interventi e cure considerati Livelli Essenziali di Assistenza a tutti i cittadini indipendentemente dal reddito (non livelli minimi, quindi). A sostegno delle tesi che ritengono il Sistema Sanitario Nazionale non sia più sostenibile, si citano i dati relativi all’incremento della spesa privata (quella a carico delle famiglie) alimentando l’idea che non sia più rinviabile l’espansione del “secondo e terzo pilastro” (fondi sanitari, welfare aziendale, fondi assicurativi). Spesso i teorici di questo pensiero sono le stesse assicurazioni che finanziano ricerche all’Istat o ad altri soggetti di ricerca pubblici. Se si va ad analizzare la composizione della spesa privata, però, ci si accorge che la gran parte è indirizzata a farmaci protetti da brevetto (al posto degli equivalenti), prodotti omeopatici, farmaci di fascia C (dall’efficacia non dimostrata), visite e indagini diagnostiche (dal 30 al 50% delle volte non indispensabili o addirittura inappropriate), e assicurazioni long-term-care come garanzia per la potenziale non autosufficienza futura. In pratica, queste ricerche dicono che milioni di persone hanno dovuto rinunciare ad alcune prestazioni senza indicare quali e senza indagare se siano riferibili alle prestazioni garantite dal SSN. Un conto è dire che c’è un problema sull’attesa delle prestazioni un altro dire che non si fanno.
Proprio in questi giorni, anche nella Marca Trevigiana, alcuni media hanno dato risalto ai fatturati, a volte persino raddoppiati, ottenuti dalle strutture private. E in alcuni interventi – specie in quello del sottosegretario alla sanità nonché ex assessore del Veneto – si è rimarcato che la competizione del privato fa bene al pubblico, trattando il diritto alla salute alla stregua di un bene commerciale. Se da un lato finanzi con soldi pubblici il privato e dall’altro togli soldi al pubblico (il de-finanziamento), crei sistemi fiscali non omogenei (dove il pubblico paga più Irap, oneri sociali e costo del lavoro), applichi le decontribuzioni nel privato (che vuol dire anche meno soldi per finanziare il pubblico) e blocchi le assunzioni di personale, possiamo parlare di competizione alla pari?
Quello che le ricerche non dicono è che siamo di fronte alla medicalizzazione della società, a discapito dei servizi territoriali e sociali, e all’espandersi di fondi sanitari che di integrativo hanno al massimo il 20% delle prestazioni erogate e quindi sono sostitutivi a tutti gli effetti. Prestazioni che per la gran parte vengono erogate dal privato, anche quello non convenzionato e non accreditato. Il tutto si accompagna a campagne mediatiche sulla malasanità, spesso strumentali, attacchi ai dipendenti pubblici e contestuale promozione di class action e di assicurazioni sanitarie.
In questo contesto siamo orgogliosi dei risultati che le équipe di personale dell’Ulss Marca Trevigiana ottengono. Migliaia di interventi svolti negli ospedali e nel territorio a favore di tutti coloro che hanno bisogno di assistenza e cura tutti i giorni. Risultati che poco vengono messi in risalto. Questo per dire che la sanità pubblica funziona ed è un’eccellenza che va implementata, difesa e ulteriormente migliorata. Servono risorse, quindi, non competizione. Serve personale per gli ospedali e per il territorio sempre più sacrificato.
Il Governo deve dunque liberare fondi per la salute pubblica, consentire assunzioni e rinnovi dei contratti per riconoscere il lavoro di tanti professionisti che, in numero minore rispetto ad altri paesi, garantiscono standard elevati. Questo, sì, sarebbe davvero un cambiamento.
Ivan Bernini
Bernini Ivan
Segretario Generale FP CGIL TREVISO