Immagine di copertina

COMUNICATO STAMPA

Comunicati Segreteria - 15/04/2009

Ricerca della Cgil: la cassa integrazione frena in maniera importante i licenziamenti.
Crisi, effetto ammortizzatori sociali sull'occupazione.
Si apre quindi il solco fra grandi e piccole imprese: nel primo trimestre dell'anno nelle seconde sono stati bruciati in provincia di Treviso quasi 3 volte i posti di lavoro persi nello stesso periodo del 2008.
Barbiero: "Urgente la certezza sulle risorse per finanziare la cig in deroga nelle aziende di minore dimensione. Serve anche allungare i tempi". E' l'assenza di veri ammortizzatori sociali a mettere piccola impresa trevigiana al centro della recessione e che espongono la platea dei lavoratori delle pmi ai maggiori rischi di impoverimento.

E', in sintesi, quanto emerge dal rapporto "La faccia della crisi" con cui la Cgil fotografa la situazione del mercato del lavoro locale nei primi tre mesi dell'anno.

Secondo il rapporto, a crescere in maniera sostanziale sono soprattutto le espulsioni nelle piccole imprese: 1.654, contro le 682 dello stesso periodo del 2008. La ricerca mette a confronto la situazione odierna anche con il picco di licenziamenti, sempre nelle aziende di piccola dimensione, registrato nei cinque anni precedenti e coincidente con il massimo di sofferenza causato dalle riorganizzazioni per delocalizzazione, ovvero il 2006, nel cui primo trimestre erano stati "bruciati" 719 posti di lavoro.

Nelle grandi imprese, invece, la dinamica mostra una flessione dell'occupazione minore.
Si passa, nel trimestre preso in esame, a 605 licenziamenti, contro i 377 di gennaio-marzo del 2008. In questo caso il numero è identico ai livelli raggiunto nell'anno della peggiore performance occupazione per le imprese medio grandi, il 2005.

Ma a contenere le mobilità e i licenziamenti nelle aziende di dimensione maggiore è, secondo il rapporto, l'utilizzo massiccio della cassa integrazione, ordinaria straordinaria e in deroga, che coinvolge a rotazione circa 30 mila trevigiani.
Sul fronte delle piccole, invece, a preoccupare è anche l'effetto legato al termine del periodo di sospensione dei lavoratori, in particolare nell'artigianato e nel commercio, che è di soli 90 giorni, che sta coinvolgendo oltre 400 imprese e che interessa poco più di duemila lavoratori. "E' un periodo che per molti lavoratori si sta per esaurire – commenta Paolino Barbiero, segretario generale della Camera del lavoro di Treviso – e questo ci lascia intuire che, alle prossime rilevazioni, si rischia di dover aggiungere già oltre mille persone alla conta dei licenziamenti nelle piccole imprese e in quelle artigiane. Con effetti sociali molto gravi, tenuto conto del fatto che questi soggetti possono contare, come sostegno al reddito, sulla sola indennità di disoccupazione ed eventuali integrazioni dove previste dagli enti bilaterali".

Nel rapporto della Cgil si torna a riaffermare l'urgenza di allargare gli strumenti di ammortizzazione anche alla platea dei lavoratori delle piccole imprese.
"Occorre in, maniera urgente, certezza sulle risorse per la Cassa integrazione in deroga, rispetto a cui vanno anche allungati i tempi". Dai dati emerge inoltre un profondo cambiamento nelle dinamiche di uscita. Se infatti rimane sostanzialmente inalterato il rapporto tra operai (79%) e impiegati (21%), si inverte la tendenza per quanto riguarda i sessi. La percentuale degli uomini che perdono lavoro sale infatti dal 37,8% al 60,9%, mentre quella delle donne scende dal 62,2% al 39,1%.

"Dati – spiega Barbiero – che vanno letti con attenzione. Da un lato, infatti, le espulsioni di donne avevano già raggiunto il picco massimo nei mesi scorsi, quindi i soggetti esposti sono diminuiti in termini assoluti e questo si riflette anche sulle percentuali. Dall'altro l'aumento delle percentuali al maschile indica un allargamento dei processi di riduzioni di personale, che si estende in maniera decisa ai settori in cui la penetrazione dell'occupazione femminile è residuale. Per quanta riguarda i licenziamenti nelle piccole imprese ci stiamo insomma avvicinando alla fase più acuta. E senza ammortizzatori sociali la pressione sul già poco efficiente welfare sarà altissima".

I trend che emergono nell'ambito delle piccole imprese si riproducono nelle grandi. I licenziati maschi passano infatti dal 58,5% al 61,5%, mentre le femmine scendono dal 41,5% al 38,5%. Identico il rapporto tra operai e impiegati, sostanzialmente 2/3 e 1/3.

"Il funzionamento della cassa integrazione come ammortizzare efficace – ha consluso Barbiero – deve suggerire una riforma del welfare nel mercato del lavoro che superi l'attuale dimensione emergenziale per arrivare ad una innovazione strutturale. Quello che oggi si sta cercando di fare con la cassa integrazione in deroga per le piccole imprese dovrebbe diventare non l'eccezione, ma la regola. Così come si deve aprire una riflessione sulla qualità del sostegno in termini di vero aiuto monetario al reddito delle famiglie, integrando le somme e superando la distinzione fra grandi e piccole aziende, che oggi lascia abbandonati i lavoratori delle seconde alla sola, e insufficiente, indennità di disoccupazione".

Ufficio stampa