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Libertà di invecchiare

Iniziative Spi - 26/02/2018

Libertà di invecchiare

Continua la riflessione sui servizi per la terza età

 

 

Libertà di invecchiare è il convegno organizzato il 16 febbraio scorso a Palazzo Rinaldi dai Sindacati dei Pensionati insieme a ISRAA e con il patrocinio del Comune di Treviso. A un anno da Tra le rughe, questa volta il dibattito si è concentrato su residenzialità e domiciliarità nella rete dei servizi.

Ad aprire i lavori, lo spaccato sui cambiamenti socio-demografici del contesto italiano e il confronto a livello europeo sulla spesa per il welfare, tracciati dal professor Giovanni Fosti dell’Università Bocconi di Milano. Per individuare priorità e reali condizioni per migliorare il sistema dei servizi per la terza età, infatti, il sistema stesso deve adattarsi e farsi carico dei cambiamenti. I fattori da considerare sono molteplici, ma tra tutti alcuni spiccano per evidenza e si è cercato di metterli in fila.

Uno. Nei grandi centri urbani il 50% delle famiglie è ormai composto da una sola persona. È dunque sbagliato pensare di basare ancora il welfare sul loro contributo diretto.

Due. L’inarrestabile invecchiamento della popolazione introduce crescenti esigenze, ma anche enormi opportunità - come tempo, competenze, risorse - oggi non riconosciute.

Tre. Rispetto ad altri Paesi, in Italia si spende più in pensioni che in sanità. Le pensioni sono usate anche per auto-organizzarsi l’assistenza in famiglia e la sanità spesso eroga altri contributi in denaro piuttosto che servizi diretti, specialmente per la non autosufficienza, su cui manca ancora una legge.

Quattro. In Italia, e in particolare in Veneto, pur con meno risorse la sanità è ancora riconosciuta come eccellente e gli interventi per l’Area anziani risultano avere un altissimo tasso di copertura. In realtà c’è un 75% di persone che, talmente fragili, non riescono nemmeno a intercettare o essere intercettate dai servizi in campo, anche perché i diversi attori del sistema sono concentrati sul produrre prestazioni piuttosto che sui bisogni.

Se, dunque, il sistema di welfare risulta frammentato, statico, non inclusivo e prestazionale è altrettanto vero che oggi è possibile immaginare e pianificare nuovi scenari perché si è stati capaci di costruire un buon assetto che ha fin qui retto. E questo non deve essere un alibi ma uno sprone.

Come da tempo denunciano i Sindacati dei Pensionati, manca infatti una cabina di regia che governi in modo integrato le risorse per scongiurare quella dispersione che produce solo sprechi e troppa burocrazia per le famiglie. Gli attori che dovrebbero individuare il “budget del territorio” ci sono, si pensi all’INPS e alla Regione, anche opera attraverso le ULSS. Peraltro, tra le risorse dedicate agli anziani, vanno considerate anche quelle con cui le famiglie sostengono i costi per le badanti. Altrimenti la fotografia sarà sempre sfocata. Un fenomeno prettamente italiano, quello della delega dell’assistenza alle badanti, che ha prodotto a livello nazionale quasi 1 milione di lavoratori (solo in Veneto, 90 mila tra regolari e non) contro i 650 mila dipendenti del Servizio Sanitario nazionale. Numeri che impongono una riflessione sulle risorse complessive che già ci sono. E tornando al sistema dei servizi, anche se oggi sono un labirinto per gli utenti e, paradossalmente, anche per gli addetti, possibilità e strumenti non mancano: servizi residenziali, Centri diurni, sostegni economici in capo a diversi “padroni”, Assistenza domiciliare integrata (ADI), Servizio di assistenza domiciliare (SAD) e altro ancora.

Mettere a sistema il sistema, questa la sfida, ma anche l’unico modo per arrivare a un welfare che, tarato sui bisogni reali e non sulla produzione di prestazioni, non lasci fuori nessuno, a maggior ragione chi è più fragile. Un esempio. Nell’ultima versione del Piano di Zona dei quattro distretti sanitari della Marca Trevigiana, all’Area anziani risultano destinati per il 2017 più di 244milioni di euro, il 57,2% sul totale. Di questi, oltre 204milioni di euro sono per la residenzialità e solo 20milioni per gli interventi domiciliari. E l’utenza anziana, per l’erogazione dei servizi, compartecipa con più di 98milioni. Cifre importanti che impongono agli attori istituzionali di ricomporre finalmente i pezzi, perché se la struttura organizzativa non cambia e la mano destra non sa cosa fa la sinistra, le inefficienze continueranno a moltiplicarsi. Libertà di invecchiare non è vivere più a lungo, ma vivere bene l’invecchiamento potendo contare su servizi vicini ai cittadini perché pensati per le loro esigenze e non come risultato di una mera destinazione di capitoli di spesa.


Barbiero Paolino
Segretario Generale SPI CGIL TREVISO